Mario Bogani nasce a Como nel 1932. I suoi esordi artistici coincidono con le partecipazioni alle estemporanee e ai concorsi di pittura più qualificati presenti sul territorio regionale, indetti negli anni ’50 e ’60, nei quali riscuote lusinghieri consensi. Sono gli anni della sua formazione artistica, che perfeziona all’Accademia di Belle Arti di Brera, sotto la guida di Salvatori e Franchi. A partire dagli anni ’60, dopo una breve parentesi dedicata all’insegnamento presso la Scuola d’Arte Castellini di Como, si dedica esclusivamente alla ricerca delle tecniche della pittura a fresco e della pittura murale con l’uso dei colori minerali e dei colori acrilici. In particolare, nella pittura a fresco, è oggi considerato uno dei maggiori esperti in Italia.
Mario Bogani nasce a Como nel 1932. I suoi esordi artistici coincidono con le partecipazioni alle estemporanee e ai concorsi di pittura più qualificati presenti sul territorio regionale, indetti negli anni ’50 e ’60, nei quali riscuote lusinghieri consensi. Sono gli anni della sua formazione artistica, che perfeziona all’Accademia di Belle Arti di Brera, sotto la guida di Salvatori e Franchi. A partire dagli anni ’60, dopo una breve parentesi dedicata all’insegnamento presso la Scuola d’Arte Castellini di Como, si dedica esclusivamente alla ricerca delle tecniche della pittura a fresco e della pittura murale con l’uso dei colori minerali e dei colori acrilici. In particolare, nella pittura a fresco, è oggi considerato uno dei maggiori esperti in Italia.
“Serenità familiare”, 1996
Quando si è chiamati ad assolvere un lavoro artistico che si pone il compito di divenire un segno di riferimento positivo per la società e, contemporaneamente, rimanere una traccia tangibile permanente quale testimonianza del tuo operare inteso anche come “mestiere”, ritengo che la responsabilità che ti viene attribuita sia molto grande, in particolare per i molteplici coinvolgimenti che questo mandato implica sia all’indirizzo di ordine artistico, che etico e morale ed anche per le funzioni e le finalità oggettive che inevitabilmente questo lavoro riveste, sia nell’immediato che in proiezione futura, soprattutto nei confronti dei destinatari e fruitori della proposta che viene formulata.
Il dipinto che ho realizzato a Casoli è nato dopo attente riflessioni sull’onda delle urgenze, contingenze e precarietà, che incidono in modo negativo nella vita sociale del nostro tempo. Non ha la funzione di un messaggio a sfondo demagogico o criptico sociale. Vuole essere semplicemente un invito al riguardante al fine di stimolarlo per aiutarlo a ripensare la nostra storia, per riscoprire i veri valori della vita che, a mio parere, si formano e crescono in primis attraverso la “piccola società famiglia”, che è la prima e vera scuola di vita che in senso positivo ci aggrega. La famiglia, quindi, intesa come prima vera base maestra di vita su cui puntare per poter aspirare alla costruzione e alla proiezione di una società futura che si riveli migliore di quella attuale.
Mario Bogani nasce a Como nel 1932. I suoi esordi artistici coincidono con le partecipazioni alle estemporanee e ai concorsi di pittura più qualificati presenti sul territorio regionale, indetti negli anni ’50 e ’60, nei quali riscuote lusinghieri consensi. Sono gli anni della sua formazione artistica, che perfeziona all’Accademia di Belle Arti di Brera, sotto la guida di Salvatori e Franchi. A partire dagli anni ’60, dopo una breve parentesi dedicata all’insegnamento presso la Scuola d’Arte Castellini di Como, si dedica esclusivamente alla ricerca delle tecniche della pittura a fresco e della pittura murale con l’uso dei colori minerali e dei colori acrilici. In particolare, nella pittura a fresco, è oggi considerato uno dei maggiori esperti in Italia.
“La rosa”, 1996
Di questa sua “Rosa” dipinta per Casoli, Mario Bardi non può più scrivere, perché ci ha lasciati ormai da qualche anno. Opulenta e sensuale, malinconica ed elegante quella che vediamo qui è una immagine che riassume non solo il carattere di fondo di tutta la sua pittura, il particolarissimo modo che ha avuto di intendere la figurazione, ma anche, se possiamo dire così, l’animo stesso dell’uomo, la conformazione lirica del suo sguardo rivolto al mondo e alle storie della vita. La sua arte è stata infatti, in un certa maniera, un sguardo di realismo rivolto al pensiero delle cose ma anche una sorta di aspra, sensuosa, risentita sensibilità barocca rivolta alla realtà. “Non c’è niente nella sua pittura – aveva scritto Sciascia di lui – che la Sicilia non possa spiegare”. Ed è proprio la Sicilia il perno interiore sul quale ruota ogni cosa dei suoi colori, del suo segno, delle sue liquide metafore di spazi, corpi, luci e tempi. Sicilia e sicilianità come appartenenza e nostalgia ma, anche, come emblema più largo del mestiere di vivere, come segno di intensità emozionale. Il dipingere di Bardi, infatti, ha traversato per oltre sessant’anni le stagioni senza mai abbandonarsi alle oscillazioni del gusto, sempre assorto ai veri suoi motivi interiori. In tutti, quando più melanconici o esistenzialistici quando più turgidamente e sensualmente figurativi, lo splendore sonoro e solare appunto della sua Sicilia. In tutti, ancora, come accade anche in questo dipinto murale, un suo modo, una sua cifra sempre riconoscibile sospesa tra cronaca e memoria, tra racconto e contemplazione, dove spunti sociali e critica civile, memorie intime, amori e passioni ci ripropongono il gusto, anche raffinato, di guardare alla pittura non solo come a una realtà dell’uomo, ma anche, davvero, come a una sua qualità.
Mario Bardi nasce a Palermo nel 1922. Frequenta per alcuni anni la Facoltà di Ingegneria, ma nel 1947 abbandona l’Università e si iscrive ai corsi di pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Diplomatosi nel 1951, vince nello stesso anno una borsa di studio per giovani artisti. Sempre nel 1951, abbandona la Sicilia e si trasferisce al nord. Ha dipinto ed insegnato ad Aosta, Torino e Milano. Ha conseguito diversi premi nazionali, tra cui il “Premio Suzzara”, il premio “Santhià”, e il “Polifemo d’Argento” nell’ambito del Premio “Vitaliano Brancati” per la pittura.
Scompare a Milano nel 1998.
Antonio Bottegal nasce a S. Donato di Lamon, in provincia di Belluno, nel 1939. Nel 1959 si trasferisce a Milano dove, fino al 1963, frequenta la Scuola Serale d’Arte applicata all’industria del Castello Sforzesco e consegue la maturità artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. È scultore, ma si esprime con grande proprietà anche nella pittura. Della sua opera si è occupata la stampa nazionale e la RAI.
Vive e lavora a Feltre, in provincia di Belluno.
“Lavoro nei campi a San Donato”, 1996
Sovente a San Donato nelle fresche mattine d’estate, mi svegliava un ritmico martellare metallico, lontano, cui faceva eco un altro più vicino, e un altro ancora. Dalla finestra vedevo il colle di fronte, gli alberi e i prati abbaglianti riflettermi il sole, il lampeggiare delle falci e l’odore dell’erba tagliata mi dicevano che anche per me iniziava una nuova giornata di lavoro; “de ndar a slargar ‘l fen”.
Antonio Bottegal nasce a S. Donato di Lamon, in provincia di Belluno, nel 1939. Nel 1959 si trasferisce a Milano dove, fino al 1963, frequenta la Scuola Serale d’Arte applicata all’industria del Castello Sforzesco e consegue la maturità artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. È scultore, ma si esprime con grande proprietà anche nella pittura. Della sua opera si è occupata la stampa nazionale e la RAI. Vive e lavora a Feltre, in provincia di Belluno.
Simonetta Carpini nasce a Firenze nel 1940. Allieva di Alfredo Nannoni, ha partecipato a numerose rassegne d’arte in Italia e all’estero, ottenendo molti riconoscimenti. Varie testate fra cui La Nazione, Paese Sera di Firenze, La Notte di Milano, La Gazzetta del Popolo di Torino, Varese Mese, Rete 55, si sono occupate dei suoi lavori. Opere in permanente si trovano presso la Galleria d’Arte Contemporanea Armanti di Varese, in esclusiva per la promozione della sua opera in Regione Lombardia e in Svizzera.
“Gemellaggio artistico italiano”, 1996
La mia pittura è un insieme di favole trasognate fra il surreale e il fantastico e trovo la mia liberazione e la serenità nei toni vivi dei colori, in particolare il rosso, operazione questa che si svolge con una attenta elaborazione di mezzi tecnici e scorre sul filo di una narrazione di figure e immagini. Il soggetto del murale di Casoli è un’allegoria di un’Italia unita fra il nord e il sud.
Simonetta Carpini nasce a Firenze nel 1940. Allieva di Alfredo Nannoni, ha partecipato a numerose rassegne d’arte in Italia e all’estero, ottenendo molti riconoscimenti. Varie testate fra cui La Nazione, Paese Sera di Firenze, La Notte di Milano, La Gazzetta del Popolo di Torino, Varese Mese, Rete 55, si sono occupate dei suoi lavori. Opere in permanente si trovano presso la Galleria d’Arte Contemporanea Armanti di Varese, in esclusiva per la promozione della sua opera in Regione Lombardia e in Svizzera.
Armando Depetris nasce a Monfalcone, in provincia di Gorizia, nel 1930. Compie gli studi artistici a Venezia ed insegna discipline artistiche. Avvia da subito un’intensa attività espositiva che lo porta nel 1952 ad esporre alla III Mostra nazionale d’arte contemporanea alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma. Partecipa alla Biennale triveneta a Padova (1953, 1963, 1969), ad “Arte contemporanea italiana” a Dubrovnik (1968), alla Biennale Pettenon a S. Martino di Lupari (1972, 1976, 1980), ad “INTART” a Klagenfurt e a Bohinij (1971, 1996), ad “International painting session” ad Olomouc (1992, 1993, 1994), a “La persistente seduzione dell’immagine” a Udine e a Boston (1989, 1990). Espone al Premio Marsala (1975, 1982, 1984) ove entra in contatto con esponenti lombardi dell’arte contemporanea quali Nanda Consonni, Raffaele De Grada, Piero Giunni, Giuseppe Motti ed altri, con i quali mantiene rapporti di amicizia, visitando frequentemente Milano e la Lombardia. Espone alla Permanente (1975), a “Quaranta pittori nella linea veneta e lombarda” alla galleria Ponte Rosso (1977) ed a cura della Ponte Rosso alla “Triveneta delle arti” a Villa Contarini a Piazzola (1977). Partecipa, successivamente, al Premio Lario a Como (1972, 1988), al Premio Pompeo Marchesi a Saltrio (1996, 1998). Ha tenuto personali in importanti gallerie a Trieste, Udine, Pordenone, Treviso, Venezia, Padova, Verona, Brescia, Losanna, Friburgo, Ulan Bator, Olomouc, Merano e Varese. Gli sono state dedicate due antologiche, una a Monfalcone presentata da Raffaele De Grada (1977), l’altra a Villa Nazionale Pisani a Strà (1993), presentata da Giulio Gasparotti.
“Speranze giovanili”, 1996
Protagoniste da sempre nella mia pittura, le figure femminili ricompaiono ora sotto il cielo di Casoli con l’urgenza di essere contrapposte all’orizzonte remoto segnato dalla vastità, che da qui si può cogliere, del mare. La ventosità della collina casolana mi induce a porre al collo delle mie figure dei foulards che, simili a vele, si librano al vento dell’Adriatico. Figure da me immaginate in luogo ove il vuoto determinato dagli ampi orizzonti mi restituisce il senso del pieno e la solitudine mi diventa completezza.
Armando Depetris nasce a Monfalcone, in provincia di Gorizia, nel 1930. Compie gli studi artistici a Venezia ed insegna discipline artistiche. Avvia da subito un’intensa attività espositiva che lo porta nel 1952 ad esporre alla III Mostra nazionale d’arte contemporanea alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma. Partecipa alla Biennale triveneta a Padova (1953, 1963, 1969), ad “Arte contemporanea italiana” a Dubrovnik (1968), alla Biennale Pettenon a S. Martino di Lupari (1972, 1976, 1980), ad “INTART” a Klagenfurt e a Bohinij (1971, 1996), ad “International painting session” ad Olomouc (1992, 1993, 1994), a “La persistente seduzione dell’immagine” a Udine e a Boston (1989, 1990). Espone al Premio Marsala (1975, 1982, 1984) ove entra in contatto con esponenti lombardi dell’arte contemporanea quali Nanda Consonni, Raffaele De Grada, Piero Giunni, Giuseppe Motti ed altri, con i quali mantiene rapporti di amicizia, visitando frequentemente Milano e la Lombardia. Espone alla Permanente (1975), a “Quaranta pittori nella linea veneta e lombarda” alla galleria Ponte Rosso (1977) ed a cura della Ponte Rosso alla “Triveneta delle arti” a Villa Contarini a Piazzola (1977). Partecipa, successivamente, al Premio Lario a Como (1972, 1988), al Premio Pompeo Marchesi a Saltrio (1996, 1998). Ha tenuto personali in importanti gallerie a Trieste, Udine, Pordenone, Treviso, Venezia, Padova, Verona, Brescia, Losanna, Friburgo, Ulan Bator, Olomouc, Merano e Varese. Gli sono state dedicate due antologiche, una a Monfalcone presentata da Raffaele De Grada (1977), l’altra a Villa Nazionale Pisani a Strà (1993), presentata da Giulio Gasparotti.
Tommaso Guarino nasce a Milano nel 1944. Vive e lavora a Milano. Negli anni Sessanta frequenta scuole di pittura e studi di artisti a Parigi e inizia ad esporre. È autore di testi teatrali, spesso crudi ritratti di umanità disperata.
“Un solo sogno”, 1996
In questa rappresentazione di uomini e donne del sud, nei loro costumi e nella loro apparente fissità, freme in tutta la sua urgenza, un sotteso desiderio di riscatto. Vi sono tutti gli estremi per i rimandi ad una lettura visiva che fa cogliere una strisciante silente “drammaticità esistenziale”, che l’austera e nel contempo dolce semplicità raffigurativa, non riesce a lenire e mascherare appieno. In queste donne e questi uomini del sud, emergono una infinità di humus umani, carichi di una delicata e struggente sospensione poetica, che però, non annulla totalmente, il senso della minaccia costituita dai “fantasmi dell’imbarbarimento della vita sociale” che su loro sembra incombere. Tutti i protagonisti di questo dipinto, rivelano uno sguardo tenero e mansueto, ma esprimono fieramente l’espressione di un forte sentire interiore, proprio della luce dell’anima, che seppur velata e connotata da un’amara rassegnazione, si riflette vivida ed è tesa alla speranza: forse, nell’attesa di un domani migliore. Questi personaggi costituiscono un po’ una metafora del gioco ludico della vita: una vita in cui molti uomini e donne del sud, pur animati della loro umana dignità, sembrano accettare passivamente le contingenze esistenziali; nella loro decorosa compostezza è percepibile il peso di un fardello carico di ansie mai sopite, probabilmente provocate dalle inquietudini quotidiane, dove la latitanza degli affetti, sembra la più avvertita. In questo racconto figurato vi è un qualche cosa che vibra e che scuote le corde sensibili, forse a significare sì le inquietudini umane, ma pure quelle spirituali, che le esperienze a volte aspre della quotidianità, ci imprimono dentro, e alle quali non troviamo risposte. E’ un sommesso e riflessivo pensiero che invita l’osservante a meditare sulle precarietà della vita, non solo quelle intese in direzione delle espressioni e delle cose materiali. Un pensiero riflessivo che diventa anche un prezioso messaggio per risvegliare un respiro più ampio e maturo, e che anela a smuovere le durezze degli animi insensibili, forse con l’utopia di poter riuscire ad invertire la tendenza che oggi vede primeggiare sempre gli imbarbarimenti e gli egoismi sociali; un’inversione possibile, solo tramite l’agire delle espressioni più vive e più significanti che sono custodite nel patrimonio degli autentici valori di cui ogni uomo è depositario e deve saper esprimere”.
Tommaso Guarino nasce a Milano nel 1944. Vive e lavora a Milano. Negli anni Sessanta frequenta scuole di pittura e studi di artisti a Parigi e inizia ad esporre. È autore di testi teatrali, spesso crudi ritratti di umanità disperata.
Yasuko Sugiyama, nasce a Kashiwa – Chiba, in Giappone, nel 1961. Nel 1986 si laurea all’Università di Belle Arti Musashino di Tokyo. Nello stesso anno si è trasferita in Italia. Vive e lavora tra Milano e Carrara.
“Forme di vita”, 1996
Sono andata a Casoli per dipingere sul muro nell’estate di 1996. Lo spazio preparato per me era molto lungo orizzontale. Avevo dipinto alcuni quadri molto lunghi con il tema del tornado, ma sempre verticale. Così ho deciso di fare un quadro composto da tre alberi, sperando che i miei alberi suggeriranno la crescita verso l’alto. Come di solito, ho cominciato a dipingere con blu scuro. Poi sopra volevo mettere colori chiari per spiegare le forme degli alberi, ma a quel momento ero già abbastanza bello, sembrava come il mare. Mi ricordo che qualcuno insisteva che io dovessi smettere così, ma ho continuato a dipingere, perché non volevo dipingere il mare, ma alberi. Era la prima volta che dipingevo davanti al pubblico e mi sono molto divertita. Ringrazio per avermi dato l’occasione della bella esperienza.
Yasuko Sugiyama, nasce a Kashiwa – Chiba, in Giappone, nel 1961. Nel 1986 si laurea all’Università di Belle Arti Musashino di Tokyo. Nello stesso anno si è trasferita in Italia. Vive e lavora tra Milano e Carrara.
Togo (Enzo Migneco), nasce a Milano nel 1937. Vive e lavora a Milano. Dipinge dal 1957, mentre è alla fine degli anni ’60 che inizia la sua ricerca nel campo dell’incisione. Trascorre la sua fanciullezza a Messina, città d’origine della famiglia e torna a Milano nel 1962.
“Il ritorno”, 1996
È la nostalgia dell’emigrante che ogni notte, in sogno, torna al paese d’origine. Dispiega le ali per scavalcare mari e monti. È anche il mio sogno irrealizzabile, ormai, per radici culturali piantate altrove e non più sradicabili.
Togo (Enzo Migneco), nasce a Milano nel 1937. Vive e lavora a Milano. Dipinge dal 1957, mentre è alla fine degli anni ’60 che inizia la sua ricerca nel campo dell’incisione. Trascorre la sua fanciullezza a Messina, città d’origine della famiglia e torna a Milano nel 1962.
Marco Viggi (Marcovigi), nasce a Bologna nel 1928. Dopo il liceo artistico e l’accademia, frequenta la facoltà di Architettura di Firenze. Fino al 1955 lavora principalmente a Bologna, dedicandosi al ritratto, alla grafica, all’illustrazione, al design e all’arredamento d’interni. Dal 1955 al 1965 si occupa soprattutto di problemi di tecnologia costruttiva e di architettura, collaborando con imprese di produzione di edilizia prefabbricata e con società di progettazione e curando tanto gli aspetti grafici e pubblicitari quanto i progetti di architettura industriale. Partecipa a vari concorsi di architettura e ottiene un premio al concorso nazionale per il Cimitero di Modena vinto da Aldo Rossi. Dal 1966, dopo un lungo periodo di viaggi e soggiorni all’estero, riprende in modo sistematico l’attività di pittore a Milano. Dal 1984 al 1986 vive in Tailandia, dove tra l’altro esegue il ritratto del Re.
Dipinge numerose opere di grandi dimensioni (oltre 50) destinate a sedi di importanti Aziende e Società come Gemina (sede di Milano), Dufrital (sedi di Milano e dell’aeroporto di Linate), Sea (Aeroporti di Linate e Malpensa), Mario de Maio (sedi di Milano e di Saronno), Sagim Azienda La Campana (sede di Arezzo). Dal 1992 al 1996 è stato consulente per l’immagine di Dufrital S.p.A. e della Sea Aeroporti di Milano.
E´ segnalato nel Catalogo Bolaffi del 1983 e nel 1987 è invitato a Bologna ad Artefiera, nella mostra “Autoritratto come non ritratto” curata da Omar Calabrese.
“Santa Marina”, 1996
Quando arrivai a Casoli per la prima edizione di Casoli Pinta non avevo ancora deciso il tema e il soggetto che avrei dipinto. A cena ebbi la fortuna di trovarmi a fianco del giovane parroco che mi raccontò la storia della sua Patrona. La trovai straordinaria. La documentazione delle ricerche svolte dallo stesso parroco mi confermò quale canovaccio sottile avrebbe potuto nascerci per un film (magari di Pupi Avati). Quella ragazza vestita da frate che aspetta per mesi, fuori dal muro del convento, il perdono per una colpa non sua, cullando e scaldando un bambino con l’amore di una maternità che la sua stessa scelta non le aveva concesso mi sembrarono adatte al più serio degli impegni. Il paesaggio attorno non era poi così diverso da quel Libano della sua antica storia e il calore e la ospitalità della gente mi aiutavano ad immaginare. Dopo avere riletto i documenti del parroco mi accinsi a dipingere con la commozione in gola e la passione nelle mani. Cinque giorni non sono molti. Se il risultato è incompleto o indegno del soggetto Santa Marina mi perdonerà.
Marco Viggi (Marcovigi), nasce a Bologna nel 1928. Dopo il liceo artistico e l’accademia, frequenta la facoltà di Architettura di Firenze. Fino al 1955 lavora principalmente a Bologna, dedicandosi al ritratto, alla grafica, all’illustrazione, al design e all’arredamento d’interni. Dal 1955 al 1965 si occupa soprattutto di problemi di tecnologia costruttiva e di architettura, collaborando con imprese di produzione di edilizia prefabbricata e con società di progettazione e curando tanto gli aspetti grafici e pubblicitari quanto i progetti di architettura industriale. Partecipa a vari concorsi di architettura e ottiene un premio al concorso nazionale per il Cimitero di Modena vinto da Aldo Rossi. Dal 1966, dopo un lungo periodo di viaggi e soggiorni all’estero, riprende in modo sistematico l’attività di pittore a Milano. Dal 1984 al 1986 vive in Tailandia, dove tra l’altro esegue il ritratto del Re. Dipinge numerose opere di grandi dimensioni (oltre 50) destinate a sedi di importanti Aziende e Società come Gemina (sede di Milano), Dufrital (sedi di Milano e dell’aeroporto di Linate), Sea (Aeroporti di Linate e Malpensa), Mario de Maio (sedi di Milano e di Saronno), Sagim Azienda La Campana (sede di Arezzo). Dal 1992 al 1996 è stato consulente per l’immagine di Dufrital S.p.A. e della Sea Aeroporti di Milano. E´ segnalato nel Catalogo Bolaffi del 1983 e nel 1987 è invitato a Bologna ad Artefiera, nella mostra “Autoritratto come non ritratto” curata da Omar Calabrese.
Gelsomina Bassetti nasce a Trento nel 1953. Studia presso la scuola d’arte “A. Vittoria” di Trento e, nel 1981, frequenta l’Accademia d’Arte di Braunschweig presso il Prof. Arwed D. Gorella. Vive e lavora ad Arco, in provincia di Trento, e a Milano.
“Riferimento”, 1997
“I miei quadri riceveranno un’anima, lentamente, con modestia, ma sarà per sempre”.
Questa è una frase tolta dai miei diari, che Riccardo Zurrina ha usato per concludere il suo testo critico riferito alla mia ultima mostra. Queste parole credo racchiudano anche lo spirito con cui ho dipinto a Casoli “Lo sguardo sul mondo”. Rappresenta il viso di un Cristo Pantocrate in mezzo a dei tronchi di betulla, (la betulla è sempre stata vista fin dall’antichità come simbolo di spiritualità, vedi i Celti). Ho cercato di passare da un’esperienza estetico-pittorica ad una di tipo spirituale e vi ho scoperto una somiglianza sorprendente: di fronte al loro “oggetto” scoprono un atteggiamento contemplativo, così dipingendo questo volto ho cercato di rivelarne un’altra natura, cercando la sua “verità nascosta”. La scelta del soggetto è stata decretata anche e soprattutto dal fatto che esso si trovi di fronte alla chiesa del paese. Il vecchio Hokusai pensava che “bisognerebbe vivere fino a centotrenta anni per poter disegnare un ramo”, io mi chiedo ancora quanti ne servirebbero per dipingere il volto di Cristo?
Gelsomina Bassetti nasce a Trento nel 1953. Studia presso la scuola d’arte “A. Vittoria” di Trento e, nel 1981, frequenta l’Accademia d’Arte di Braunschweig presso il Prof. Arwed D. Gorella. Vive e lavora ad Arco, in provincia di Trento, e a Milano.
Luigi Bennati nasce a Milano nel 1929. Agli inizi degli anni ’40 si distingue nella pratica della scultura lignea presso l’Istituto Artigianelli di Milano. Sono gli anni che lo vedono realizzare, in collaborazione con gli scultori Malerba e Frate De Bona, la “Madonna Pellegrina”. Successivamente negli anni ’50 diventa scultore titolare di una ditta di manichini che gli offre l’occasione di perfezionare gli studi sull’anatomia umana: sono i periodi in cui una rivista specializzata inglese lo consacra come “scultore del secolo”. Nel 1954 , per il teatro ” La Scala di Milano”, realizza la scenografia delle “Nozze di Figaro”. Innumerevoli sono i lavori monumentali da lui realizzati e che oggi si trovano collocati in prestigiose sedi amministrative e pubbliche.
“Maternità”, 1997
Come molti artisti considero la Natura madre e non matrigna. Ad essa dobbiamo tutto. Nel dipinto murale che in Casoli ho realizzato, mi sono prefisso il preciso scopo di idealizzare un binomio composto dalla “Natura e dalla Donna”, che io ritengo siano i punti di riferimento più nobili e insostituibili che accompagnano la vita dell’uomo e dai quali ha origine tutto il complesso manifestarsi delle molteplici forme sorgive dell’esistenza. Nel realizzare questa mia idea, mantenendo fede e rispetto alle caratteristiche stilistiche ed espressive del mio lavoro, ho voluto accentuare segnicamente le strutture che reggono l’intero impianto della maternità, che vogliono esplicare con chiarezza all’osservatore, che coloro che originano forme di vita (in questo specifico caso la Natura e la Donna) sono elementi e valori forti, e presenze irrinunciabili ed indispensabili per crescere nella vita di tutti i giorni. Per arrivare a significare ciò in termini d’immagini, ho avvertito la necessità di contestualizzare questo mio intento, con una “Natura” intesa e configurata con una paesaggistica che, nell’economia dell’opera, risultasse scevra da orpelli descrittivi, privilegiando l’assunto solo con alcuni simboli come il sole (fonte di luce, energia positiva e speranza) ed una stilizzazione di alberi a formare un immaginario paesaggio di “Natura-Madre” dalle cui radici tutti si alimentano e si edificano. La madre con bambino, nel mio intento compositivo e progettuale, ha voluto essere un chiaro omaggio alla “Donna” che è fonte di vita ed anche,un pensiero rispettoso e riconoscente, nei confronti della splendida realtà sociale territoriale abruzzese e delle meravigliose genti che la popolano.
Luigi Bennati nasce a Milano nel 1929. Agli inizi degli anni ’40 si distingue nella pratica della scultura lignea presso l’Istituto Artigianelli di Milano. Sono gli anni che lo vedono realizzare, in collaborazione con gli scultori Malerba e Frate De Bona, la “Madonna Pellegrina”. Successivamente negli anni ’50 diventa scultore titolare di una ditta di manichini che gli offre l’occasione di perfezionare gli studi sull’anatomia umana: sono i periodi in cui una rivista specializzata inglese lo consacra come “scultore del secolo”. Nel 1954 , per il teatro ” La Scala di Milano”, realizza la scenografia delle “Nozze di Figaro”. Innumerevoli sono i lavori monumentali da lui realizzati e che oggi si trovano collocati in prestigiose sedi amministrative e pubbliche.
Carlo Adelio Galimberti nasce a Monza nel 1946. Insegna Discipline Pittoriche nei Licei Artistici e negli Istituti d’Arte. Dal 1978, allestisce mostre personali nelle più importanti città italiane (Milano, Varese, Firenze, Bologna, Cagliari, Palermo) ed è frequentemente invitato a collettive di pittura, di disegno e d’arte incisoria. Negli ultimi anni ha allestito esposizioni monotematiche dove tutte le opere ruotavano attorno all’argomento prescelto: 1992, Allegoria dell’Occidente; 1994, Che più non son gli dei fuggiti…; 1996, In vinum pronus; 1999, Mythos; 2001, Il mito della caverna di Platone. Nell’ambito delle esposizioni ha organizzato convegni sul medesimo argomento delle mostre, cui hanno partecipato P.A. Rovatti, M. Trevi, R. Madera, L. Zoja e U. Galimberti. Collabora con le riviste di storia del disegno e dell’incisione antica e moderna Grafica d’Arte e L’occhio nel segno, oltre che con gli editori Feltrinelli, Olivares, Loescher, Moretti & Vitali ed altri. Svolge consulenze per questioni iconografiche e storiche dell’arte per diverse aziende italiane (Tecnimont, Studio Ambrosetti, Cassa di Risparmio di Firenze, Burson Masteller, Laser Optronic, Credieuronord, Assicurazioni Zurigo e altre). È autore di testi teorici e storici dell’arte: 1994, Corpo e rappresentazione, Padova 1994; 1996, Senso e anima senza ragione, Milano; 2000, Il Perseo svelato, testo teatrale per la RAI, trasmesso da Piazza Signoria a Firenze; 2001, Le radici dell’arte nelle contrade del nord, Milano. Ha collaborato al Cd-rom Il restauro del Perseo: tecnologie per l’Umanesimo, per la mostra sul restauro del Perseo, Firenze 1997/1998. Svolge da più di un decennio conferenze, incontri e dibattiti, su questioni tecniche, teoriche e storiche dell’arte, per associazioni pubbliche e circoli culturali privati.
“La stanza degli Dei”, 1997
Rappresenta una stanza in cui sembrano galleggiare alcuni reperti della scultura classica tratti dal frontone del tempio di Zeus a Olimpia, dove è rappresentata la battaglia tra i centauri e il popolo dei Lapiti. I blocchi scultorei sono ripresi da un’angolazione che sembra accatastare le masse scultoree una sopra all’altra. Solo la figura del dio Apollo è stata isolata sulla sinistra. Nel mito, infatti, Apollo interviene nella contesa per assegnare la vittoria ai Lapiti. Perdono così le figure mostruose dei centauri, quasi fosse una metafora della fine della spiegazione mitologica della natura e l’inizio dello sguardo della ragione nella storia degli uomini.
Una seconda versione dell’opera è pubblicata in copertina del testo di U. Galimberti, Psiche e techne, Feltrinelli, Milano 1999.
Carlo Adelio Galimberti nasce a Monza nel 1946. Insegna Discipline Pittoriche nei Licei Artistici e negli Istituti d’Arte. Dal 1978, allestisce mostre personali nelle più importanti città italiane (Milano, Varese, Firenze, Bologna, Cagliari, Palermo) ed è frequentemente invitato a collettive di pittura, di disegno e d’arte incisoria. Negli ultimi anni ha allestito esposizioni monotematiche dove tutte le opere ruotavano attorno all’argomento prescelto: 1992, Allegoria dell’Occidente; 1994, Che più non son gli dei fuggiti…; 1996, In vinum pronus; 1999, Mythos; 2001, Il mito della caverna di Platone. Nell’ambito delle esposizioni ha organizzato convegni sul medesimo argomento delle mostre, cui hanno partecipato P.A. Rovatti, M. Trevi, R. Madera, L. Zoja e U. Galimberti. Collabora con le riviste di storia del disegno e dell’incisione antica e moderna Grafica d’Arte e L’occhio nel segno, oltre che con gli editori Feltrinelli, Olivares, Loescher, Moretti & Vitali ed altri. Svolge consulenze per questioni iconografiche e storiche dell’arte per diverse aziende italiane (Tecnimont, Studio Ambrosetti, Cassa di Risparmio di Firenze, Burson Masteller, Laser Optronic, Credieuronord, Assicurazioni Zurigo e altre). È autore di testi teorici e storici dell’arte: 1994, Corpo e rappresentazione, Padova 1994; 1996, Senso e anima senza ragione, Milano; 2000, Il Perseo svelato, testo teatrale per la RAI, trasmesso da Piazza Signoria a Firenze; 2001, Le radici dell’arte nelle contrade del nord, Milano. Ha collaborato al Cd-rom Il restauro del Perseo: tecnologie per l’Umanesimo, per la mostra sul restauro del Perseo, Firenze 1997/1998. Svolge da più di un decennio conferenze, incontri e dibattiti, su questioni tecniche, teoriche e storiche dell’arte, per associazioni pubbliche e circoli culturali privati.
Luigi Grande nasce a Palermo nel 1939. È pittore, scultore e grafico. La sua prima personale risale al 1960, alla galleria il Portico di Santa Margherita Ligure; seguono poi le gallerie milanesi de “Il Giorno”, nel 1964, e dell’ “Agrifoglio”, nel 1970, con testo critico di Mario De Micheli. Si aggiunge negli anni alle numerose personali la partecipazione a rassegne d’arte nazionali e internazionali (Francia, Germania, Grecia, U.S.A., Finlandia).
“Sulla spiaggia”, 1997
Figura in corsa. Di schiena, la ragazza c’invoglia a seguirla lungo quella linea che separa il mare dalla terra, che è un percorso all’interno della natura e all’interno della propria vita individuale. L’esecuzione ha tratti rapidi; pennellate e macchie intersecanti danno luogo a uno spazio aggrovigliato e dinamico dove il respiro della ragazza è il respiro dell’ambiente. La corsa è il tempo dell’esistenza, la natura, inquieta e generosa, l’accoglie nel suo ventre.
Luigi Grande nasce a Palermo nel 1939. È pittore, scultore e grafico. La sua prima personale risale al 1960, alla galleria il Portico di Santa Margherita Ligure; seguono poi le gallerie milanesi de “Il Giorno”, nel 1964, e dell’ “Agrifoglio”, nel 1970, con testo critico di Mario De Micheli. Si aggiunge negli anni alle numerose personali la partecipazione a rassegne d’arte nazionali e internazionali (Francia, Germania, Grecia, U.S.A., Finlandia).
Carmelo Micalizzi nasce a Catania nel 1933. Sin dalla più tenera età dimostra una forte predisposizione per l’arte ed in particolare per la pittura. Dotato di buone capacità espressive, frequenta botteghe di pittori della sua città, sospinto sempre da un vivo interesse nell’apprendere. Lavora poi, come garzone, presso maestri e affreschisti locali quali: Giuffrida, Mirabella, Villani ed altri, con i quali approfondisce le sue esperienze teoriche e pratiche. Si diploma all’Istituto Statale della sua città e successivamente insegna Discipline Pittoriche e Storia dell’Arte in scuole pubbliche. Poco più che ventenne, tiene la sua prima personale al Club della Stampa, nel 1954. La sua prima personale milanese, alla galleria di F. Schettini, è tenuta a battesimo da Giuseppe Migneco, con il quale stringerà un rapporto di reciproca amicizia e di collaborazione.
Da sempre con le sue opere racconta ed approfondisce la storia, la cultura, le tradizioni e le contraddizioni del mondo mediterraneo. Conta oltre sessantacinque mostre personali e partecipa alle più importanti rassegne nazionali.
“La memoria e il tempo”, 1997
La matrice culturale siciliana nella duplice fisionomia colloca da una parte il neorealismo d’impronta guttusiana, che gli consente una vigorosa e anche spietata sicurezza nella definizione delle personalità; dall’altra l’antica suggestione del Teatro dei Pupi, dove la fantasia favolistica lo spinge verso una libera rivisitazione o invenzione di costumi e leggende. L’inquietante messaggio che Micalizzi ha inviato attraverso il murale di Casoli può essere letto in vari modi: che la violenza e la sofferenza antica diventano favola e ci si prospettano in termini anche contemporanei, che il potere utilizza il male con cinica indifferenza, che il male ha sempre il medesimo volto.
Carmelo Micalizzi nasce a Catania nel 1933. Sin dalla più tenera età dimostra una forte predisposizione per l’arte ed in particolare per la pittura. Dotato di buone capacità espressive, frequenta botteghe di pittori della sua città, sospinto sempre da un vivo interesse nell’apprendere. Lavora poi, come garzone, presso maestri e affreschisti locali quali: Giuffrida, Mirabella, Villani ed altri, con i quali approfondisce le sue esperienze teoriche e pratiche. Si diploma all’Istituto Statale della sua città e successivamente insegna Discipline Pittoriche e Storia dell’Arte in scuole pubbliche. Poco più che ventenne, tiene la sua prima personale al Club della Stampa, nel 1954. La sua prima personale milanese, alla galleria di F. Schettini, è tenuta a battesimo da Giuseppe Migneco, con il quale stringerà un rapporto di reciproca amicizia e di collaborazione. Da sempre con le sue opere racconta ed approfondisce la storia, la cultura, le tradizioni e le contraddizioni del mondo mediterraneo. Conta oltre sessantacinque mostre personali e partecipa alle più importanti rassegne nazionali.
Carluccio Nava nasce a Verbania Pallanza nel 1930. Dopo la prima formazione artistica, avvenuta nel paese natale, frequenta la scuola d’arte locale sotto la guida di Mario Mariola e Aldo Mazza. Perfeziona le sue ricerche artistiche a Milano con sodalizi intrapresi con Ferruccio Garopesani e a Suna, in provincia di Novara, dove incontra Mario Tozzi. In seguito, con altri colleghi fonda il “Gruppo Giovani Pittori Verbanesi”. Le sue mostre sono state recensite dalla RAI-TV e da riviste e giornali accreditati quali: La Gazzetta del Popolo, La Notte, La Prealpina, Luce, Il Giornale di Brescia, La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Nuovo Campo di Siena, Varese Notizie, Marona, Grazia, Gazzetta dei Laghi, La Zattera di Firenze, Il Corriere del Verbano, Il Quadrato, Italia Artistica, Panorama D’Arte, Europa Artistica, G.D.P, Artecultura, Fine Arts, La Libertè, La Grujere, L’Ebdo, Le Republicain, Der Bund.
Scompare a Varese nel 2001.
“Il gioco delle carte”, 1997
Quella di Carluccio Nava è la visione di un mondo continuamente improntata al rispetto dell’esigenza di affermare i valori e i sapori della quotidianità; e proprio in questo territorio, nei suoi humus, nei suo odori e sensazioni, sono nate le coordinate che hanno permesso all’artista di configurare un lessico pittorico proprio e inconfondibile, e sempre proiettato con calibrato nitore e rigore formale, a significare le piccole grandi cose della vita. Nava riesce a farci percepire, attraverso la traspirazione di cadenze e ritmi di una quotidianità filtrata sempre con una delicata umanità, i sapori di questo suo universo creativo. Ed è proprio questa sua umanità, autentica e non artificiale, che emerge in questa sua bella e raffinata pagina pittorica. È una raffinata pagina pittorica che rivela una solarità di sentimenti carica del peso di un bene infinito, l’amore per la vita e il rispetto per gli altri. L’artista in questa opera ha voluto evidenziare i significati profondi che si possono riscontrare anche nelle forme di aggregazione sociale apparentemente più semplici (in questo caso “Il gioco delle carte”) tra le cui trame pittoriche si può chiaramente avvertire tutto il senso dei valori umani e sociali che secondo Nava si possono certamente vivere appieno dentro alcuni scampoli della quotidianità: una quotidianità fatta di piccole e grandi cose che sicuramente gli apparteneva, e che qui questo concetto, egli, lo ha magicamente significato con grande candore e semplicità d’animo, amore e dignità.
Carluccio Nava nasce a Verbania Pallanza nel 1930. Dopo la prima formazione artistica, avvenuta nel paese natale, frequenta la scuola d’arte locale sotto la guida di Mario Mariola e Aldo Mazza. Perfeziona le sue ricerche artistiche a Milano con sodalizi intrapresi con Ferruccio Garopesani e a Suna, in provincia di Novara, dove incontra Mario Tozzi. In seguito, con altri colleghi fonda il “Gruppo Giovani Pittori Verbanesi”. Le sue mostre sono state recensite dalla RAI-TV e da riviste e giornali accreditati quali: La Gazzetta del Popolo, La Notte, La Prealpina, Luce, Il Giornale di Brescia, La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Nuovo Campo di Siena, Varese Notizie, Marona, Grazia, Gazzetta dei Laghi, La Zattera di Firenze, Il Corriere del Verbano, Il Quadrato, Italia Artistica, Panorama D’Arte, Europa Artistica, G.D.P, Artecultura, Fine Arts, La Libertè, La Grujere, L’Ebdo, Le Republicain, Der Bund. Scompare a Varese nel 2001.
Antonio Pedretti, nasce a Gavirate, in provincia di Varese, nel 1950. La sua formazione avviene, dapprima, alla scuola di pittura del Castello Sforzesco e poi all’Accademia di Brera, che abbandona nel 1972. Nel frattempo, all’età di sedici anni, allestisce la sua prima personale alla Galleria Ca’ Vegia di Varese, con opere dipinte a spatola in cui sono rappresentati, con un certo sentimentalismo e una pregevole e precoce abilità tecnica, paesaggi, casolari, fiori, alberi, acque stagnanti. Soggetto, quest’ultimo, che resterà una costante all’interno del percorso dell’artista, nato sulle rive del lago e dunque intimamente legato a questo genere di paesaggio naturale. Dopo aver partecipato ad alcune collettive, fra le quali ricordiamo il Premio Nazionale Varese Arte, ordina, nel 1970, una seconda personale alla Galleria Ghiggini di Varese, con alcuni nudi che ricordano certe dolcezze segniche di un De Pisis o un Bonnard e con una serie di paesaggi dedicati alla Sicilia. Due anni dopo, espone alla Galerie L’Angle aigu di Bruxelles, ottenendo un lusinghiero successo di critica sulla stampa belga. Lo presenta Renato Guttuso: “Caro Pedretti, benché tu sia molto giovane, il tuo lavoro offre già alcuni elementi sicuri per giudicare delle tue doti non comuni”.
“Paesaggio lombardo”, 1997
“Paesaggio lombardo”, che ho avuto l’opportunità di realizzare per “Casoli Pinta” è coinciso con una fase particolarmente importante delle mie ricerche pittoriche, che proprio nel 1997 erano orientate nel tentativo di cercare una svolta più qualificante nel mio lavoro. Avvertivo in quei periodi l’esigenza di giungere a promuovere nuove aperture verso inediti orizzonti espressivi per arricchire ulteriormente il bagaglio delle mie esperienze di lavoro. È nato così un ciclo di attività in cui i risultati dei miei studi e delle mie ricerche necessitavano di una rivisitazione catartica, in particolare perché il mio fare artistico sin qui esplicitato stava subendo l’azione di continue e convulse fasi di metamorfosi strutturali e pittoriche, sempre più sospese sul crinale tra “informale e la figurazione”, e necessitava quindi di una più pura definizione. Nella mia strategia operativa e creativa, vi è sempre stata comunque una sottesa azione impostata per arrivare a determinare un “linguaggio nuovo” all’interno delle dinamiche del settore della “pittura naturalistica contemporanea”. Il “Paesaggio Lombardo” che ho realizzato a Casoli, nella sua levità pittorica compositiva che lo caratterizza, si connota proprio con forme e un linguaggio figurativo-informale, una pratica che nel mio lavoro, che è il passaggio fondamentale che ha definito l’orientamento del cammino del “mio nuovo linguaggio artistico”, e che oggi si colloca, nell’ambito più proprio delle esperienze espressive del “naturalismo internazionale contemporaneo”.
Antonio Pedretti, nasce a Gavirate, in provincia di Varese, nel 1950. La sua formazione avviene, dapprima, alla scuola di pittura del Castello Sforzesco e poi all’Accademia di Brera, che abbandona nel 1972. Nel frattempo, all’età di sedici anni, allestisce la sua prima personale alla Galleria Ca’ Vegia di Varese, con opere dipinte a spatola in cui sono rappresentati, con un certo sentimentalismo e una pregevole e precoce abilità tecnica, paesaggi, casolari, fiori, alberi, acque stagnanti. Soggetto, quest’ultimo, che resterà una costante all’interno del percorso dell’artista, nato sulle rive del lago e dunque intimamente legato a questo genere di paesaggio naturale. Dopo aver partecipato ad alcune collettive, fra le quali ricordiamo il Premio Nazionale Varese Arte, ordina, nel 1970, una seconda personale alla Galleria Ghiggini di Varese, con alcuni nudi che ricordano certe dolcezze segniche di un De Pisis o un Bonnard e con una serie di paesaggi dedicati alla Sicilia. Due anni dopo, espone alla Galerie L’Angle aigu di Bruxelles, ottenendo un lusinghiero successo di critica sulla stampa belga. Lo presenta Renato Guttuso: “Caro Pedretti, benché tu sia molto giovane, il tuo lavoro offre già alcuni elementi sicuri per giudicare delle tue doti non comuni”.
Gugliemo Siega nasce a Milano nel 1935. Vive a Tradate e lavora a Castiglione Olona, in un vecchio studio di una casa del Quattrocento. A Castiglione si respira il fascino di un borgo toscano in terra lombarda che ha vissuto con Masolino da Panicale la sua stagione più alta. Allievo dell’Accademia di Brera e della Scuola Superiore del Castello Sforzesco di Milano, Guglielmo Siega ha scelto di operare in un luogo che conserva nella luminosità del cielo e nella freschezza di un mondo che si è conservato intatto nel tempo l’invito alla creazione d’arte. Noto per la delicatezza coloristica della sua pittura, fa parte delle “Firme d’oro d’Artitalia” e sue opere si trovano numerose gallerie. Tra le ultime esposizioni all’estero, particolarmente apprezzata quella di Mosca.
“Per la mensa”, 1997
La chiave di lettura del mio dipinto è: un uomo, seduto su un tronco, dal corpo massiccio, con mani grandi e possenti, il viso dai tratti duri, forgiati dalla realtà di una vita trascorsa ad espletare un duro lavoro. In primo piano pannocchie di un giallo intenso, come il sole mediterraneo, sono il frutto di una terra dura, ma anche generosa. Sullo sfondo, in un mare blu cobalto, una barchetta a vela “senza la vela”, (ognuno di noi ha dentro di sé questa piccola barca a vela, per poter raggiungere la nostra meta, ma non sempre ha la vela).
Questo è quello che ho voluto esprimere con il mio dipinto.
Gugliemo Siega nasce a Milano nel 1935. Vive a Tradate e lavora a Castiglione Olona, in un vecchio studio di una casa del Quattrocento. A Castiglione si respira il fascino di un borgo toscano in terra lombarda che ha vissuto con Masolino da Panicale la sua stagione più alta. Allievo dell’Accademia di Brera e della Scuola Superiore del Castello Sforzesco di Milano, Guglielmo Siega ha scelto di operare in un luogo che conserva nella luminosità del cielo e nella freschezza di un mondo che si è conservato intatto nel tempo l’invito alla creazione d’arte. Noto per la delicatezza coloristica della sua pittura, fa parte delle “Firme d’oro d’Artitalia” e sue opere si trovano numerose gallerie. Tra le ultime esposizioni all’estero, particolarmente apprezzata quella di Mosca.
Antonio Tonelli nasce a Milano nel 1934. Vive e lavora prevalentemente a Milano.
Si forma nell’ambiente milanese ed inizia ad esporre, nel 1963, al Premio di pittura G. Mori di Lecco. Allestisce la sua prima personale nel 1971, presso la Galleria Pater di Milano. Nello stesso anno viene introdotto da Mario De Micheli alla Galleria Ciovasso di Milano, attorno alla quale operava un gruppo di pittori fra cui Aurelio C., Biffi, Cavallini, Gualerzi, Migliaccio, Pasetto, Spinoccia ed un po’ meno di frequente Gabriele Mucchi. Si immerge con entusiasmo in quel clima di pittura ad alta densità di realismo e poesia rimanendone emotivamente coinvolto. Dal 1977, sviluppa un’indagine figurativa imperniata sulla conoscenza dell’urbanesimo contemporaneo, espressa in chiave realistico-oggettiva. Dipinge preferibilmente per cicli tematici successivi; fra i più recenti: “Racconto urbano”, 1977/1981, presentato da Mario De Micheli; “Orti di periferia”, 1982/1984, presentato da Giorgio Seveso; “Nature morte nella metropoli”, 1985/1987, presentato da Rossana Bossaglia; “I nostri giorni difficili”, 1987/1997, presentato da Mario De Micheli; “I simboli di Van Gogh”, 1997/2002, presentato da Rossana Bossaglia.
“L’albero della libertà”, 1997
L’albero della Libertà è un omaggio alla Rivoluzione francese e quindi al concetto di libertà, fraternità e uguaglianza. I simboli del lavoro umano, nelle sue forme del lavoro contadino (di cui sono emblemi la falce e il bastone per trebbiare) e del lavoro industriale (il martello), all’occasione possono diventare armi non convenzionali usate per la circostanza dal popolo che normalmente è inerme. Il berretto frigio è l’unico simbolo propriamente rivoluzionario che chiarisce quindi semanticamente il significato dell’opera.
Ha senso riproporre questo simbolo dopo più di duecento anni? Credo proprio di sì, perché è importante mantenerne vivo l’impulso e la forza vitale per contrastare in ogni epoca eventuali rigurgiti di pericolosi totalitarismi, proponendo sempre il principio di sovranità del popolo sopra ogni altro potere.
Antonio Tonelli nasce a Milano nel 1934. Vive e lavora prevalentemente a Milano. Si forma nell’ambiente milanese ed inizia ad esporre, nel 1963, al Premio di pittura G. Mori di Lecco. Allestisce la sua prima personale nel 1971, presso la Galleria Pater di Milano. Nello stesso anno viene introdotto da Mario De Micheli alla Galleria Ciovasso di Milano, attorno alla quale operava un gruppo di pittori fra cui Aurelio C., Biffi, Cavallini, Gualerzi, Migliaccio, Pasetto, Spinoccia ed un po’ meno di frequente Gabriele Mucchi. Si immerge con entusiasmo in quel clima di pittura ad alta densità di realismo e poesia rimanendone emotivamente coinvolto. Dal 1977, sviluppa un’indagine figurativa imperniata sulla conoscenza dell’urbanesimo contemporaneo, espressa in chiave realistico-oggettiva. Dipinge preferibilmente per cicli tematici successivi; fra i più recenti: “Racconto urbano”, 1977/1981, presentato da Mario De Micheli; “Orti di periferia”, 1982/1984, presentato da Giorgio Seveso; “Nature morte nella metropoli”, 1985/1987, presentato da Rossana Bossaglia; “I nostri giorni difficili”, 1987/1997, presentato da Mario De Micheli; “I simboli di Van Gogh”, 1997/2002, presentato da Rossana Bossaglia.
Vincenzino Vanetti nasce a Luino, in provincia di Varese, nel 1944. Artista poliedrico, è di formazione autodidatta. Si esprime in tutte le discipline artistiche come il disegno, la pittura, la scultura, l’incisione e la ceramica, che si caratterizzano con forti accenti espressionistici. La sua indagine artistica subisce l’influenza della grande scuola espressionista nordica e si è indirizzata, fin dai suoi esordi, nella scia di maestri come Van Gogh, Ensor, Kirchner, Nolde; ma è soprattutto Chaime Soutine che lo ha coinvolto di più. Nell’ambito della figurazione di tendenza, l’artista di Voldomino ha raggiunto oggi una sua maturità artistica, che giustamente lo fa considerare, da parte della critica più accorta, fra gli esponenti più rappresentativi dell’espressionismo esistenziale contemporaneo.
“La discussione”, 1997
Nel percorso esistenziale della vita, vi sono alcuni passaggi ineludibili che necessita affrontare per conoscere, capire e crescere. Uno di questi, per taluni aspetti fondamentali, è certamente quello dell’impatto, dibattuto fra imbarazzo e desiderio, che ogni giovane prova quando si trova a vivere il primo approccio con l’avventura sentimentale o, più segnatamente, nel cercare di sostenere la prima esperienza sessuale. Il pensiero che qui ho rappresentato ricorre ai periodi della mia giovinezza, dove tale esperienza, per ragioni contingentate alla cultura del tempo, era vissuta come una specie di mistero su cui si riteneva girasse il mondo intero e coincideva anche con l’amara esperienza di scoprire che tutto questo mondo che volevi abbracciare per sentirti in qualche modo “realizzato” e quindi ritenuto “un vero uomo”, risiedeva proprio esclusivamente nel concetto che bisognava dimostrare di avere sostenuto un rapporto sessuale con una donna. Erano i tempi che questo costume sociale si manifestava e si esplicava il più delle volte, attraverso la formulazione di una vera e propria contrattazione nei luoghi deputati al “mercato del sesso”. I tempi ora sono mutati, ma la questione di ordine etico, morale, sociale e umana, si ripropone oggi nella sua drammaticità esistenziale, dove purtroppo tutto ciò continua a consumarsi sulle nostre strade, dove proliferano “vizio, violenza, sfruttamento e prevaricazioni”. Una piaga sociale che non ha ancora trovato le giuste risposte per essere debellata.
Vincenzino Vanetti nasce a Luino, in provincia di Varese, nel 1944. Artista poliedrico, è di formazione autodidatta. Si esprime in tutte le discipline artistiche come il disegno, la pittura, la scultura, l’incisione e la ceramica, che si caratterizzano con forti accenti espressionistici. La sua indagine artistica subisce l’influenza della grande scuola espressionista nordica e si è indirizzata, fin dai suoi esordi, nella scia di maestri come Van Gogh, Ensor, Kirchner, Nolde; ma è soprattutto Chaime Soutine che lo ha coinvolto di più. Nell’ambito della figurazione di tendenza, l’artista di Voldomino ha raggiunto oggi una sua maturità artistica, che giustamente lo fa considerare, da parte della critica più accorta, fra gli esponenti più rappresentativi dell’espressionismo esistenziale contemporaneo.
Mauro Bordin nasce a Padova, nel 1970. Studia al liceo artistico della stessa città e si diploma all’Accademia delle Belle Arti di Venezia nel 1992. Nel 1994 comincia un ciclo di pitture dedicate alla stanza da letto che espone nella mostra personale del 1996 alla Loggetta del Trentanove di Faenza (Ravenna), una villa settecentesca animata dall’artista Muki, che per anni ha invitato esponenti del panorama culturale italiano a presentare i loro lavori. Nell’occasione, pubblica un catalogo il cui testo introduttivo alle opere è scritto dal critico padovano Giorgio Segato, tra i primi esperti che sostengono il giovane creatore. Bordin espone per la seconda volta alla Loggetta del Trentanove nel 1997, in una collettiva inserita nel quadro delle manifestazioni collaterali all’Esposizione Internazionale della Ceramica. Nel 1996, l’associazione “Génie de la Bastille” invita gli artisti italiani a partecipare all’esposizione che si svolge annualmente a Parigi, dove Bordin rappresenta la città di Padova. È in seguito a questo evento che iniziano le sue frequentazioni parigine. Espone nella capitale francese alla Maison de l’Italie nel 1997, alla galleria civica di Montparnasse nel 1998, invitato dall’associazione “Nouvelle Ecole de Montparnasse” e al “Salon Grands et Jeunes d’Aujourd’hui”, al quale partecipa tre volte (nel 1997, nel 1998, occasione in cui viene selezionato per partecipare all’esposizione in Lussemburgo e in Croazia e nel 2000, per partecipare alla mostra itinerante in dodici paesi nel mondo). Nel 1996 e nel 1997, espone alla fiera dell’arte di Milano con la galleria Bac Art Studio di Venezia e nel 1999 a quella di Gand in Belgio con l’editore Edas di Brescia. Nel 1996, realizza un’incisione per la collezione “Interpretazioni dantesche”, cartella ideata da Giorgio Segato ed esposta in numerose occasioni. Il Comune di Padova pubblica un catalogo l’anno successivo per l’esposizione all’Oratorio di S. Rocco.
Nel 1997 il quadro “Letto sfatto” entra a far parte della collezione del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Gallarate (Varese) e “Ragazza sul letto 2” di quella del Young Museum di Revere (Mantova). Nel 1998 l’artista viene invitato da Giorgio Seveso a partecipare a “Casoli Pinta”, dove conosce il critico d’arte Renato Valerio. L’anno successivo realizza una mostra personale alla galleria Armanti di Varese ed è lo stesso Valerio a curare il catalogo dell’esposizione. In questa occasione espone, oltre ad una scelta delle ultime “stanze da letto”, una serie di “alberi”, “marine” e “montagne”. Questi nuovi soggetti saranno fonte d’ispirazione per gli anni successivi. Nel 1999 partecipa alla manifestazione “Fides et Ratio”, organizzata da Valerio al Comune di Foza (Vicenza). Nel 2000 si trasferisce per sei mesi a Parigi; al ritorno espone alla fiera dell’arte di Padova in una mostra collaterale, “In forma di figura”, organizzata da Segato. Una parte del gruppo di artisti era già stato sperimentato nell’omonima esposizione, a Villa Breda, due anni prima. Agli inizi del 2001 ottiene un atelier-abitazione in uso per due anni dalla fondazione “Cité Internationale des Arts” di Parigi e si trasferisce definitivamente nella capitale francese. A Parigi, nell’arco di quest’anno, espone in diverse collettive, tra cui quelle della “Cité des Arts”. Nell’autunno dello stesso anno realizza una mostra personale alla galleria Armanti di Varese, con catalogo presentato da Giorgio Seveso. In questa occasione presenta tre serie di dipinti: “marine”, “montagne” e “figure”, confermando la sua vocazione per un’interpretazione simbolico/lirica.
“Camera da letto”, 1998
Il mio percorso artistico si sviluppa intorno al tema della memoria, sia come riferimento al passaggio del tempo e al nostro bisogno di fissarlo, di dargli durata, sia come percorso a ritroso alla ricerca delle origini.
Tra il 1994 e il 1999 ho realizzato un ciclo pittorico focalizzato sul tema della stanza da letto. Il soggetto è preso in considerazione come spazio fisico e psichico, luogo intimo di esperienze esistenziali vissute e stratificate nell’ambiente stesso, negli oggetti quotidiani.
Il dipinto di Casoli è ancora scenograficamente giocato sul binomio interno/esterno, è una scena di intimità svelata. La scelta di questo soggetto si giustifica in funzione di questo binomio e dell’ambiguità della camera da letto, al tempo stesso prigione e nido protettivo.
Mauro Bordin nasce a Padova, nel 1970. Studia al liceo artistico della stessa città e si diploma all’Accademia delle Belle Arti di Venezia nel 1992. Nel 1994 comincia un ciclo di pitture dedicate alla stanza da letto che espone nella mostra personale del 1996 alla Loggetta del Trentanove di Faenza (Ravenna), una villa settecentesca animata dall’artista Muki, che per anni ha invitato esponenti del panorama culturale italiano a presentare i loro lavori. Nell’occasione, pubblica un catalogo il cui testo introduttivo alle opere è scritto dal critico padovano Giorgio Segato, tra i primi esperti che sostengono il giovane creatore. Bordin espone per la seconda volta alla Loggetta del Trentanove nel 1997, in una collettiva inserita nel quadro delle manifestazioni collaterali all’Esposizione Internazionale della Ceramica. Nel 1996, l’associazione “Génie de la Bastille” invita gli artisti italiani a partecipare all’esposizione che si svolge annualmente a Parigi, dove Bordin rappresenta la città di Padova. È in seguito a questo evento che iniziano le sue frequentazioni parigine. Espone nella capitale francese alla Maison de l’Italie nel 1997, alla galleria civica di Montparnasse nel 1998, invitato dall’associazione “Nouvelle Ecole de Montparnasse” e al “Salon Grands et Jeunes d’Aujourd’hui”, al quale partecipa tre volte (nel 1997, nel 1998, occasione in cui viene selezionato per partecipare all’esposizione in Lussemburgo e in Croazia e nel 2000, per partecipare alla mostra itinerante in dodici paesi nel mondo). Nel 1996 e nel 1997, espone alla fiera dell’arte di Milano con la galleria Bac Art Studio di Venezia e nel 1999 a quella di Gand in Belgio con l’editore Edas di Brescia. Nel 1996, realizza un’incisione per la collezione “Interpretazioni dantesche”, cartella ideata da Giorgio Segato ed esposta in numerose occasioni. Il Comune di Padova pubblica un catalogo l’anno successivo per l’esposizione all’Oratorio di S. Rocco.
Nel 1997 il quadro “Letto sfatto” entra a far parte della collezione del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Gallarate (Varese) e “Ragazza sul letto 2” di quella del Young Museum di Revere (Mantova). Nel 1998 l’artista viene invitato da Giorgio Seveso a partecipare a “Casoli Pinta”, dove conosce il critico d’arte Renato Valerio. L’anno successivo realizza una mostra personale alla galleria Armanti di Varese ed è lo stesso Valerio a curare il catalogo dell’esposizione. In questa occasione espone, oltre ad una scelta delle ultime “stanze da letto”, una serie di “alberi”, “marine” e “montagne”. Questi nuovi soggetti saranno fonte d’ispirazione per gli anni successivi. Nel 1999 partecipa alla manifestazione “Fides et Ratio”, organizzata da Valerio al Comune di Foza (Vicenza). Nel 2000 si trasferisce per sei mesi a Parigi; al ritorno espone alla fiera dell’arte di Padova in una mostra collaterale, “In forma di figura”, organizzata da Segato. Una parte del gruppo di artisti era già stato sperimentato nell’omonima esposizione, a Villa Breda, due anni prima. Agli inizi del 2001 ottiene un atelier-abitazione in uso per due anni dalla fondazione “Cité Internationale des Arts” di Parigi e si trasferisce definitivamente nella capitale francese. A Parigi, nell’arco di quest’anno, espone in diverse collettive, tra cui quelle della “Cité des Arts”. Nell’autunno dello stesso anno realizza una mostra personale alla galleria Armanti di Varese, con catalogo presentato da Giorgio Seveso. In questa occasione presenta tre serie di dipinti: “marine”, “montagne” e “figure”, confermando la sua vocazione per un’interpretazione simbolico/lirica.
Tindaro Calia nasce a Segrate, in provincia di Milano, nel 1956.
Vive e svolge la sua attività artistica fra Segrate, in provincia di Milano e Volpara, in provincia di Pavia. Ha conseguito la maturità artistica e si è diplomato in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera in Milano. È docente titolare della cattedra di discipline pittoriche al Liceo Artistico Statale di Lodi.
Nel 1979 viene selezionato da Mario De Micheli per una mostra collettiva alla Fondazione Corrente “Esperienza Immagine II” a Milano e partecipa alla collettiva al Palazzo dell’Arte a Milano, alla manifestazione “Salone dei Giovani Artisti”. Nel 1981, ha la sua prima personale alla Galleria San Fedele di Milano, in seguito alla selezione della precedente collettiva “San Fedele – Quadro Giovani”. Nel 1984, viene invitato da Giorgio Seveso alla manifestazione “Arte al Presente”, Festa Provinciale dell’Unità a Milano. Organizza la mostra personale all’Associazione Nazionale Amici del Premio Suzzara, a Suzzara, con la presentazione di Dino Villani. Nel 1988, su invito di Giorgio Maschera, partecipa al Centro San Fedele di Milano a “Il volto spirituale di Maria”. Sempre nel 1988, è selezionato per le rassegne “Arte Contemporanea” al Castello di Sartinara in provincia di Pavia, a Palazzo Benvenuti in Mondonico con “Immagine della Madonna” e a Palazzo Litta di Lainate con “Il giardino di Flora”. Nel 1991, viene invitato da Giorgio Seveso alla Biennale “Arte giovane in Lombardia a Cremona”, a “Forma e Figura oggi” al Salone di Etruria Arte a Venturina, Livorno, e alla Mostra collettiva “Tendenze: giovani artisti tra Lombardia e Sardegna”, al centro culturale e sociale dei sardi in Milano. Nel 1992, si svolgono le mostre personali alle Gallerie: Palmieri di Busto Arsizio, Galleria Airone di Messina, Galleria Bonaparte di Milano e all’Associazione Erga Omnes di Palermo. Nel 1995, Francesco Poli lo presenta sul catalogo “Arte contemporanea dal secondo dopoguerra ad oggi”: Nel 1997, su invito partecipa a “Figurazioni” Arte d’immagine in Lombardia oggi, Museo della Permanente, Milano. Nel 1998, entra a far parte, su segnalazione di C. Franza, della Pinacoteca Comunale d’Arte Contemporanea di Ruffano, Lecce e alla Fondazione Don Tonino Bello ad Alessano, Lecce. Partecipa inoltre alla Rassegan di Pittura Murale “Casoli Pinta” nel comune di Atri (Teramo). Nel 1999 è invitato alla collettiva “La città, il pensiero e l’emozione” cinquanta artisti per Milano, è selezionato da Renato Valerio per la Rassegna di Pittura Murale nel Comune di Foza (Vicenza). Al Lions Club Monza Host partecipa a “Il premio di arti plastiche e figurative per giovani artisti” in Lodi e fa una mostra personale alla Galleria Linati di Milano, con la presentazione di Rossana Bossaglia. Espone in Maggio alla manifestazione milanese “MiArt 2001”.
“Il Sogno”, 1998
Il dipinto dal titolo “il sogno” esprime la serenità e l’abbandono del sonno di una bambina, la dolcezza e l’inquietudine delle sue visioni oniriche. L’intento era quello di far emergere questa particolare condizione dello spirito umano, mediante la costituzione di uno schema segreto scaturito dalla combinazione armonica di estesi percorsi lineari ad andamento curvilineo. Ho volutamente inserito intorno alla figura, con una scansione geometrica senza soluzione di continuità, elementi iconografici tratti da disegni eseguiti da bambini, perché mi sembrava il modo più efficace di evocare il mondo delle fantasie e dei sogni infantili.
Tindaro Calia nasce a Segrate, in provincia di Milano, nel 1956.
Vive e svolge la sua attività artistica fra Segrate, in provincia di Milano e Volpara, in provincia di Pavia. Ha conseguito la maturità artistica e si è diplomato in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera in Milano. È docente titolare della cattedra di discipline pittoriche al Liceo Artistico Statale di Lodi. Nel 1979 viene selezionato da Mario De Micheli per una mostra collettiva alla Fondazione Corrente “Esperienza Immagine II” a Milano e partecipa alla collettiva al Palazzo dell’Arte a Milano, alla manifestazione “Salone dei Giovani Artisti”. Nel 1981, ha la sua prima personale alla Galleria San Fedele di Milano, in seguito alla selezione della precedente collettiva “San Fedele – Quadro Giovani”. Nel 1984, viene invitato da Giorgio Seveso alla manifestazione “Arte al Presente”, Festa Provinciale dell’Unità a Milano. Organizza la mostra personale all’Associazione Nazionale Amici del Premio Suzzara, a Suzzara, con la presentazione di Dino Villani. Nel 1988, su invito di Giorgio Maschera, partecipa al Centro San Fedele di Milano a “Il volto spirituale di Maria”. Sempre nel 1988, è selezionato per le rassegne “Arte Contemporanea” al Castello di Sartinara in provincia di Pavia, a Palazzo Benvenuti in Mondonico con “Immagine della Madonna” e a Palazzo Litta di Lainate con “Il giardino di Flora”. Nel 1991, viene invitato da Giorgio Seveso alla Biennale “Arte giovane in Lombardia a Cremona”, a “Forma e Figura oggi” al Salone di Etruria Arte a Venturina, Livorno, e alla Mostra collettiva “Tendenze: giovani artisti tra Lombardia e Sardegna”, al centro culturale e sociale dei sardi in Milano. Nel 1992, si svolgono le mostre personali alle Gallerie: Palmieri di Busto Arsizio, Galleria Airone di Messina, Galleria Bonaparte di Milano e all’Associazione Erga Omnes di Palermo. Nel 1995, Francesco Poli lo presenta sul catalogo “Arte contemporanea dal secondo dopoguerra ad oggi”: Nel 1997, su invito partecipa a “Figurazioni” Arte d’immagine in Lombardia oggi, Museo della Permanente, Milano. Nel 1998, entra a far parte, su segnalazione di C. Franza, della Pinacoteca Comunale d’Arte Contemporanea di Ruffano, Lecce e alla Fondazione Don Tonino Bello ad Alessano, Lecce. Partecipa inoltre alla Rassegan di Pittura Murale “Casoli Pinta” nel comune di Atri (Teramo). Nel 1999 è invitato alla collettiva “La città, il pensiero e l’emozione” cinquanta artisti per Milano, è selezionato da Renato Valerio per la Rassegna di Pittura Murale nel Comune di Foza (Vicenza). Al Lions Club Monza Host partecipa a “Il premio di arti plastiche e figurative per giovani artisti” in Lodi e fa una mostra personale alla Galleria Linati di Milano, con la presentazione di Rossana Bossaglia. Espone in Maggio alla manifestazione milanese “MiArt 2001”.
Gioxe De Micheli nasce a Milano nel 1947. Gioxe è la voce dialettale genovese di Giuseppe. Vive fra Milano e Sassofortino, in provincia di Grosseto. All’Accademia di Brera frequenta i corsi di Decorazione e Affresco, sotto la guida di Gianfilippo Usellini. Ripetutamente segnalato dalla critica più provveduta come uno degli artisti più significativi della sua generazione, le sue opere sono state accolte in rassegne nazionali e internazionali. Di lui hanno scritto critici e poeti: da Raffaele De Grada, Giovanni Testori, Dino Buzzati, Luigi Carluccio e Rossana Bossaglia a Giorgio Seveso, Giovanni Raboni, Elena Pontiggia, Vivian Lamarque, e Floriano De Santi. Nel 1994 ha realizzato un grande trittico per il Palazzo di Giustizia di Milano e nel 2001, a Collodi, un grande murale per la Fondazione Pinocchio.
“I fratelli della costa”, 1998
Ho pensato di riprendere per questo “murale casolano” una immagine del mio recente ciclo di dipinti “I fratelli della costa”. Una immagine lirica e sognante dunque, che mi pare bene si adatti a questo dolce paesino dipinto.
Ricordo sempre con piacere il mio soggiorno a Casoli di Atri, l’ospitalità dei suoi abitanti, la cordialità e l’amicizia che si era creata con i giovani organizzatori della manifestazione e il loro autentico entusiasmo per il lavoro degli artisti. Stanchi ed affamati, scesi dal trabattello, ci accoglieva il Centro Anziani, con la semplicità generosa di una casa d’amici. Io, poi, avevo Biagio, il barbiere, che sosteneva la mia “fatica”, con incoraggiamenti e ottimi caffè. Da parte mia, posso dire di aver lavorato con impegno, consapevole che lasciare “scritto” sui muri di questo piccolo borgo un “segno” del mio mondo poetico, sarebbe stata una straordinaria occasione per “arrivare” agli occhi e al cuore di tanti.
Gioxe De Micheli nasce a Milano nel 1947. Gioxe è la voce dialettale genovese di Giuseppe. Vive fra Milano e Sassofortino, in provincia di Grosseto. All’Accademia di Brera frequenta i corsi di Decorazione e Affresco, sotto la guida di Gianfilippo Usellini. Ripetutamente segnalato dalla critica più provveduta come uno degli artisti più significativi della sua generazione, le sue opere sono state accolte in rassegne nazionali e internazionali. Di lui hanno scritto critici e poeti: da Raffaele De Grada, Giovanni Testori, Dino Buzzati, Luigi Carluccio e Rossana Bossaglia a Giorgio Seveso, Giovanni Raboni, Elena Pontiggia, Vivian Lamarque, e Floriano De Santi. Nel 1994 ha realizzato un grande trittico per il Palazzo di Giustizia di Milano e nel 2001, a Collodi, un grande murale per la Fondazione Pinocchio.
Renato Galbusera, nasce a Milano nel 1950. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera, dal 2001 è titolare di una cattedra di Pittura presso l’Accademia di Sassari. Precedentemente, ha insegnato molti anni al Liceo Artistico Statale I di Milano. Si occupa anche di organizzazione, cura e allestimento di mostre, individualmente o con il Gruppo Atelier, che ha fondato insieme ad altri artisti. È promotore di tutte le edizioni di Venature, nonché di Naturarte. L’artista ha esposto in Italia e all’estero, partecipando a varie edizioni della Biennale d’Arte Città di Milano presso il Museo della Permanente (1984, 1987, 1989, 1994) e nel 1994 alla VII Triennale dell’incisione alla Permanente di Milano. Nel 1998, si ricordano le mostre Sieben Kunstler aus Mailand a Ludwigshafen e Atelier a La Posteria di Milano. Nel 2000, Figurazione a Milano sempre a La Posteria. Infine, nel 2002, Identità Europa, Linguaggi e artisti a confronto a Rozzano.
“Oggi: allegoria”, 1998
Passato e presente, termini di una incessante dialettica che attraversa i nostri giorni. Oggi: torri e aerei che attraversano il cielo, rovine di ieri e del nostro tempo.
Una Allegoria moderna che ha per protagonista la Storia che guarda e raccoglie per chi verrà poi memorie e vicende che ininterrottamente si inseguono.
Renato Galbusera, nasce a Milano nel 1950. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera, dal 2001 è titolare di una cattedra di Pittura presso l’Accademia di Sassari. Precedentemente, ha insegnato molti anni al Liceo Artistico Statale I di Milano. Si occupa anche di organizzazione, cura e allestimento di mostre, individualmente o con il Gruppo Atelier, che ha fondato insieme ad altri artisti. È promotore di tutte le edizioni di Venature, nonché di Naturarte. L’artista ha esposto in Italia e all’estero, partecipando a varie edizioni della Biennale d’Arte Città di Milano presso il Museo della Permanente (1984, 1987, 1989, 1994) e nel 1994 alla VII Triennale dell’incisione alla Permanente di Milano. Nel 1998, si ricordano le mostre Sieben Kunstler aus Mailand a Ludwigshafen e Atelier a La Posteria di Milano. Nel 2000, Figurazione a Milano sempre a La Posteria. Infine, nel 2002, Identità Europa, Linguaggi e artisti a confronto a Rozzano.
Maria Jannelli nasce a Milano nel 1951. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera, insegna al Liceo Artistico Statale I di Milano.
“L’angelo dell’amicizia”, 1998
“Io sono l’Angelo della realtà intravisto un istante sulla soglia.
… Sono uno come voi, e ciò che sono e so per me come per voi è la stessa cosa…”
Stevens, da “Angel sorrounded by paysaus”
Dal muro dipinto una presenza di amicizia che lega il mio lavoro alla vita e al paesaggio di Casoli.
Maria Jannelli nasce a Milano nel 1951. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera, insegna al Liceo Artistico Statale I di Milano.
Mario Madiai nasce a Siena nel 1944. Vive ed opera a Livorno.
Frequenta gli studi presso l’Istituto d’Arte “Passaglia” di Lucca e, sin da giovanissimo si dedica alla pittura. Si distingue subito nelle manifestazioni artistiche nazionali più qualificate degli anni ’60 e ’70, tra gli operatori più attenti e sensibili alle tematiche del reale, segnalandosi all’attenzione della critica più avveduta che, per le sue straordinarie doti creative, lo indica tra gli esponenti artistici più preparati e accreditati. Del suo lavoro si sono occupati studiosi e critici di riferimento come Pier Carlo Santini, Elio Mercuri, Raffaele Monti, Tommaso Paloscia, Renato Valerio, Mario Quesada e Martina Corgnati.
“Girasoli d’agosto”, 1998
Tutto ciò che è forma e colore mi affascina, anche le cose apparentemente più semplici e perfino quelle che taluni considerano banali. Nella osservazione di questo universo che ai più sfugge, scopro un insaziabile desiderio che mi spinge a cogliere e fissare il “vero e il bello” che in esso vi sono contenuti. Qui in Casoli ho operato nel tentativo di far rivivere soprattutto le vibrazioni e le emozioni che animano questo mio mondo, in tutte le sfaccettature delle sue verità e realtà oggettive nel loro più ampio e distinto manifestarsi. Nel caso specifico, i girasoli che ho rappresentato, sono solo una parte di verità e realtà di un mondo che io catturo con lo sguardo e che interiorizzo per farmele proprie, e che poi traduco in immagini, attraverso il filtro della mia visione pittorica con la complicità della sensibilità del mio agire creativo. Un agire, il mio, che si alimenta e si struttura con una pittura che ha l’intento di far affiorare le più recondite emozioni che si possono scoprire e cogliere attraverso il dialogo che solo un’autentica visione poetica è in grado di proporre, e che il felice connubio tra l’armonia delle forme e la musicalità del colore, contribuisce a determinare, significare e far vivere nel tempo.
Mario Madiai nasce a Siena nel 1944. Vive ed opera a Livorno.
Frequenta gli studi presso l’Istituto d’Arte “Passaglia” di Lucca e, sin da giovanissimo si dedica alla pittura. Si distingue subito nelle manifestazioni artistiche nazionali più qualificate degli anni ’60 e ’70, tra gli operatori più attenti e sensibili alle tematiche del reale, segnalandosi all’attenzione della critica più avveduta che, per le sue straordinarie doti creative, lo indica tra gli esponenti artistici più preparati e accreditati. Del suo lavoro si sono occupati studiosi e critici di riferimento come Pier Carlo Santini, Elio Mercuri, Raffaele Monti, Tommaso Paloscia, Renato Valerio, Mario Quesada e Martina Corgnati.
Enzo Maio nasce a Carpignano Sesia, in provincia di Novara, nel 1953. Vive e lavora nel verde della cascina Dellara di Ghislarengo, sul bordo del fiume Sesia. Si forma nello studio di Giuseppe Ajmone dove nasce un sodalizio che dura tuttora, questi lo porta alla scoperta del mondo artistico milanese e alla presentazione della sua prima mostra nel 1988. Conosce e frequenta Cazzaniga, Morlotti, Cassinari, Lavagnino e Cappelli. Con Cappelli e Ajmone visita musei e intraprende viaggi a Parigi che saranno fondamentali alla sua formazione.
“Grande albero della luce”, 1998
Spesso incapacità o limiti mi hanno suggerito la scontata formula che sia l’opera a parlare per noi; confesso: non è bella, ma contiene pur sempre una sua verità. Qui, non saprei dire quali amori, dubbi, ragioni abbiano accompagnato questo lavoro e quale il risultato. Forse dovrei indagare emozioni, capirne l’intensità, la poetica, la fatale necessità; imparare a conoscermi.
Picasso trova, io cerco, cerco ancora.
Enzo Maio nasce a Carpignano Sesia, in provincia di Novara, nel 1953. Vive e lavora nel verde della cascina Dellara di Ghislarengo, sul bordo del fiume Sesia. Si forma nello studio di Giuseppe Ajmone dove nasce un sodalizio che dura tuttora, questi lo porta alla scoperta del mondo artistico milanese e alla presentazione della sua prima mostra nel 1988. Conosce e frequenta Cazzaniga, Morlotti, Cassinari, Lavagnino e Cappelli. Con Cappelli e Ajmone visita musei e intraprende viaggi a Parigi che saranno fondamentali alla sua formazione.
Fabrizio Merisi nasce a Capriate San Gervasio, in provincia di Bergamo, nel 1937. Vive tra Milano e Castelnuovo del Vescovo. I suoi lavori sono caratterizzati dalla rappresentazione di oggetti marginali e frammenti di materiali organici, stipati in “vasi da non aprire”, acquari, mensole e teche, dipinti ad olio con pittura levigata e lenticolare. L’artista non considera l’atto del dipingere una specializzazione, un mestiere, ma un modo di visualizzare la condizione esistenziale, in rapporto stretto con interessi antropologici e la cultura surrealista della globalità.
“Theater”, 1998
Sono pittore di “nature morte” e lavoro solitamente nel chiuso del mio studio, mal sopportando non solo gli spazi aperti, ma anche la contaminazione col “pubblico” e con la estemporaneità. La sostanza della mia pittura si stratifica per lenta sedimentazione, gli spazi temporali sono rallentati e sfasati in rapporto alle scansioni dell’economico e del tecnologico: seguono un tracciato circolare, più attratto dallo zero assoluto interno che da una fuga progressiva verso l’esterno.
Avevo accettato la committenza per Casoli solo per dovere di amicizia nei confronti di Giorgio Seveso che mi aveva invitato.
Ne è uscita invece un’esperienza molto positiva, e un’opera che ritengo buona, resa possibile da una serie di circostanze inusitate.
Coralità e stima reciproca fra gli artisti invitati, ma soprattutto un clima, un’accoglienza, un calore da parte di donne e uomini del paese che non mi aspettavo, allegro e intelligente, vivo, non d’occasione, denso e originale come le (ahimè) troppo abbondanti portate di cibi e caraffe di vino e di grappe profumate da tutti i possibili aromi del Gran Sasso.
Fabrizio Merisi nasce a Capriate San Gervasio, in provincia di Bergamo, nel 1937. Vive tra Milano e Castelnuovo del Vescovo. I suoi lavori sono caratterizzati dalla rappresentazione di oggetti marginali e frammenti di materiali organici, stipati in “vasi da non aprire”, acquari, mensole e teche, dipinti ad olio con pittura levigata e lenticolare. L’artista non considera l’atto del dipingere una specializzazione, un mestiere, ma un modo di visualizzare la condizione esistenziale, in rapporto stretto con interessi antropologici e la cultura surrealista della globalità.
Marco Seveso nasce a Sanremo, in provincia di Imperia, nel 1945. Frequenta il Liceo Artistico di Torino, studiando disegno con Mauro Chessa e Sergio Saroni. Allestisce la sua prima mostra alla Galleria del Giorno di Milano, nel 1964 e, da allora, sono circa una quarantina le sue mostre personali in Italia e all’estero. Partecipa, inoltre, ad importanti rassegne e Premi nazionali e internazionali tra i quali il Premio Suzzara, il Premio del Fiorino, La Quadriennale di Torino, il Premio Imperia, la Rassegna Nuove Presenze di Imola, l’Intergrafik di Berlino e molte altre. È segnalato sul catalogo Bolaffi, nel 1982. Ha compiuto opere murali a Casoli di Atri, Foza e Varese. I suoi interessi abbracciano tutte le forme di comunicazione visiva: dalla pittura all’ illustrazione, dalle varie tecniche grafiche alla decorazione. Sono numerose e frequenti le collaborazioni con poeti e scrittori nella realizzazione di Cartelle e Pubblicazioni. Attualmente insegna disegno e pittura presso l’Associazione Gli Argonauti di Collegno e collabora con la Cooperativa Arti Visive ’78 di cui è tra i Soci fondatori. La sua pittura inizia e si sviluppa nel clima del Realismo Esistenziale, prevalentemente milanese, degli anni ’60-’70, con modi ispirati da Bacon e Giacometti, per giungere negli anni ’80 ad una pittura oggettiva e simbolica di disagio e alienazione. Oggi il suo discorso si svolge nella iterazione segno/simbolo dove dati onirici e surreali si scontrano e si fondono con elementi di oggettività e di racconto
“Come una bandiera”, 1998
“… Un flusso dinamico di elementi eterogenei tra di loro, sbilancia lo sguardo sulla vertigine di uno spazio interno, il nostro esistenziale, in una dimensione in cui il segno è metafora, il particolare diviene simbolo dell’universale e la rappresentazione pittorica diaframma tra il reale e l’immaginario. Anche l’utilizzo di una tecnica mista, in cui il tratto del disegno si fonde e si confonde con inserti di colore, ha come effetto grafico un senso d’ambivalenza ed indeterminazione dell’immagine. Vi è, dunque, nei lavori di Seveso, un continuo passaggio dal formale all’irrazionale, dal fisico al metafisico e, al tempo stesso, una tensione inversa, che comprende le pulsioni ed i pensieri entro una cornice evocata dai continui riferimenti alle inquietudini del presente e alla consapevolezza razionale della quotidianità…”
Marco Seveso nasce a Sanremo, in provincia di Imperia, nel 1945. Frequenta il Liceo Artistico di Torino, studiando disegno con Mauro Chessa e Sergio Saroni. Allestisce la sua prima mostra alla Galleria del Giorno di Milano, nel 1964 e, da allora, sono circa una quarantina le sue mostre personali in Italia e all’estero. Partecipa, inoltre, ad importanti rassegne e Premi nazionali e internazionali tra i quali il Premio Suzzara, il Premio del Fiorino, La Quadriennale di Torino, il Premio Imperia, la Rassegna Nuove Presenze di Imola, l’Intergrafik di Berlino e molte altre. È segnalato sul catalogo Bolaffi, nel 1982. Ha compiuto opere murali a Casoli di Atri, Foza e Varese. I suoi interessi abbracciano tutte le forme di comunicazione visiva: dalla pittura all’ illustrazione, dalle varie tecniche grafiche alla decorazione. Sono numerose e frequenti le collaborazioni con poeti e scrittori nella realizzazione di Cartelle e Pubblicazioni. Attualmente insegna disegno e pittura presso l’Associazione Gli Argonauti di Collegno e collabora con la Cooperativa Arti Visive ’78 di cui è tra i Soci fondatori. La sua pittura inizia e si sviluppa nel clima del Realismo Esistenziale, prevalentemente milanese, degli anni ’60-’70, con modi ispirati da Bacon e Giacometti, per giungere negli anni ’80 ad una pittura oggettiva e simbolica di disagio e alienazione. Oggi il suo discorso si svolge nella iterazione segno/simbolo dove dati onirici e surreali si scontrano e si fondono con elementi di oggettività e di racconto
Velasco, figlio del pittore Giancarlo Vitali, nasce a Bellano, in provincia di Como, nel 1960. Nel 1983, vince il premio San Fedele Incisione Giovani e, l’anno seguente, Giovanni Testori lo invita alla Rotonda della Besana, per la mostra Artisti e Scrittori. Ancora a Milano, presso la Compagnia del Disegno, allestisce la prima personale. Seguono importanti partecipazioni a fiere, mostre collettive e altre personali.
“Vela”, 1998
Chi transitasse di qui potrebbe godersi un bicchiere al bar della piazza e passeggiare fino in fondo alla strada per sentire che, pur lontani dal mare, da quella luce ci si sente fortemente attratti. Anch’io comodamente seduto ho sorseggiato un caffè poi nella stessa mattina ho dipinto una vela.
Velasco, figlio del pittore Giancarlo Vitali, nasce a Bellano, in provincia di Como, nel 1960. Nel 1983, vince il premio San Fedele Incisione Giovani e, l’anno seguente, Giovanni Testori lo invita alla Rotonda della Besana, per la mostra Artisti e Scrittori. Ancora a Milano, presso la Compagnia del Disegno, allestisce la prima personale. Seguono importanti partecipazioni a fiere, mostre collettive e altre personali.
Bruna Aprea nasce a Napoli, nel 1945. Artista di livello internazionale, le sue opere, oltre che in Italia, fanno parte di collezioni negli Stati Uniti, in Canada, Australia, Inghilterra, Germania, Austria, Svizzera, Spagna, Tahilandia. La sua produzione, quasi quarantennale, la pone nel quadro della pittura italiana come una delle posizioni originali di punta nell’ambito della figurazione. Dal suo maestro Mino Maccari, Bruna Aprea ha appreso l’arte di raccontare la vita umana attraverso delle metafore.
Anni fa burattini, mostri e personaggi del circo; recentemente un nutrito ciclo su angeli e diavoli; ora il porco.
Questa figurazione moralistica sulla commedia umana, di incisiva qualità visionaria, è stata spesso accostata al surrealismo, mentre in realtà appartiene a quel filone dell’arte che dall’antichità si è occupata del mostruoso e del grottesco. La demonologia laica della Aprea per tecnica, humour, raffinatezza psicologica e ampiezza, si pone oggi come un caso unico nell’arte contemporanea. Oltre quaranta mostre personali in Italia ed all’estero e oltre 20 collettive.
Presente in alcune aste di Sotheby’s e Brera Arte, ha avuto presentazioni redazionali nei maggiori quotidiani ed in riviste d’arte.
“Nel giardino delle delizie”, 1999
Il Porco: collocarlo ai nostri antipodi, per illuderci di avere delle certezze.
L’incontro-scontro tra noi e la bestia immonda e sacra è necessario, vitale per non dimenticarci di essere “umani”. In tempi di convivenza e simbiosi si perdono i parametri, il porco entra in noi e non ce ne accorgiamo.
Bruna Aprea nasce a Napoli, nel 1945. Artista di livello internazionale, le sue opere, oltre che in Italia, fanno parte di collezioni negli Stati Uniti, in Canada, Australia, Inghilterra, Germania, Austria, Svizzera, Spagna, Tahilandia. La sua produzione, quasi quarantennale, la pone nel quadro della pittura italiana come una delle posizioni originali di punta nell’ambito della figurazione. Dal suo maestro Mino Maccari, Bruna Aprea ha appreso l’arte di raccontare la vita umana attraverso delle metafore. Anni fa burattini, mostri e personaggi del circo; recentemente un nutrito ciclo su angeli e diavoli; ora il porco. Questa figurazione moralistica sulla commedia umana, di incisiva qualità visionaria, è stata spesso accostata al surrealismo, mentre in realtà appartiene a quel filone dell’arte che dall’antichità si è occupata del mostruoso e del grottesco. La demonologia laica della Aprea per tecnica, humour, raffinatezza psicologica e ampiezza, si pone oggi come un caso unico nell’arte contemporanea. Oltre quaranta mostre personali in Italia ed all’estero e oltre 20 collettive. Presente in alcune aste di Sotheby’s e Brera Arte, ha avuto presentazioni redazionali nei maggiori quotidiani ed in riviste d’arte.
Arcangelo Ciaurro nasce a Castellaneta, in provincia di Taranto, nel 1953. Vive e lavora a Varese. Inizia a dipingere in maniera spontanea, perché la pittura lo attrae, senza maestri, senza nessuno cui guardare, così come da bambino giocava alle biglie, con le macchinine o le figurine. Per molti anni non si ispira a nessuno, dipingendo la sua vita, le sue cose, le persone care, perfezionandosi in anni di disegno spesi per essere padrone della forma. La sua pittura è sempre spontanea, personale. Ritrae ulivi, paesaggi pugliesi assolati, persone care, alberi sulle spiagge, ulivi contorti e argentei, mandorli dal verde tenero e dai rami duri, cipressi neri oltre il muro del cimitero, pini marittimi alla stazione e poi castagni, larici rossi e rosati dalle carezze del sole. Dopo la spontaneità degli inizi, arrivano gli innamoramenti pittorici, cresce la capacità, si provano soluzioni già trovate. La strada, che potrebbe apparire più semplice, in realtà si contorce sempre di più. Le capacità tecniche dell’artista crescono, ma con loro cresce anche lo smarrimento. Ecco allora che, a seguito di una profonda introspezione, l’artista ripensa ai suoi inizi, all’ingenuità, alla pulizia mentale, alle cose che ama e che gli dicono poesie. Ricomincia a dipingere soprattutto alberi, come gli antichi lauri della collina di Sant’Albino, sui quali si arrampicava e che lo lasciavano nero, dopo averlo portato, con le loro lunghe braccia contorte, nel profondo delle foreste più lontane: quelle dei sogni e dei misteri.
Gli alberi parlano all’artista e recitano poesie. Grazie alla loro conoscenza egli sente di sapere dove si trova e per quale motivo. Charles Darwin: “Gli alberi costituiscono la maggior bellezza di tutti i paesaggi” e l’artista condivide questo pensiero, abbracciandolo con tutte le sue forze e cominciando a ritrovarsi.
Le atmosfere sono quelle che ama, la tecnica è nuova e antica, comunque “sua”. L’evoluzione per tornare alle origini è iniziata.
“L’albero”, 1999
Le idee, misteriosamente e magicamente, partono da lontano e neppure ci accorgiamo quando e come si formano; eppure … quando giunsi a Casoli, con le mie idee e i miei colori, percorrendo l’ultimo tratto di strada in dolce salita, tra ulivi, fichi, mandorli e melograni, cominciai a godere del luogo, dei profumi nell’aria, di ciò che i miei occhi mandavano alla mia mente e il cerchio si chiuse incontrando la mia idea iniziale: dipingere un albero! Quando poi mi mostrarono il luogo in cui avrei dovuto appoggiare il mio lavoro, ebbi la conferma della magicità del pensiero. La mia parete interrompeva la continuità visiva di un viale alberato che correva alle sue spalle. Ho potuto così aprire una finestra su quel muro e ridare l’ordinato seguire degli alberi di quel viale.
Arcangelo Ciaurro nasce a Castellaneta, in provincia di Taranto, nel 1953. Vive e lavora a Varese. Inizia a dipingere in maniera spontanea, perché la pittura lo attrae, senza maestri, senza nessuno cui guardare, così come da bambino giocava alle biglie, con le macchinine o le figurine. Per molti anni non si ispira a nessuno, dipingendo la sua vita, le sue cose, le persone care, perfezionandosi in anni di disegno spesi per essere padrone della forma. La sua pittura è sempre spontanea, personale. Ritrae ulivi, paesaggi pugliesi assolati, persone care, alberi sulle spiagge, ulivi contorti e argentei, mandorli dal verde tenero e dai rami duri, cipressi neri oltre il muro del cimitero, pini marittimi alla stazione e poi castagni, larici rossi e rosati dalle carezze del sole. Dopo la spontaneità degli inizi, arrivano gli innamoramenti pittorici, cresce la capacità, si provano soluzioni già trovate. La strada, che potrebbe apparire più semplice, in realtà si contorce sempre di più. Le capacità tecniche dell’artista crescono, ma con loro cresce anche lo smarrimento. Ecco allora che, a seguito di una profonda introspezione, l’artista ripensa ai suoi inizi, all’ingenuità, alla pulizia mentale, alle cose che ama e che gli dicono poesie. Ricomincia a dipingere soprattutto alberi, come gli antichi lauri della collina di Sant’Albino, sui quali si arrampicava e che lo lasciavano nero, dopo averlo portato, con le loro lunghe braccia contorte, nel profondo delle foreste più lontane: quelle dei sogni e dei misteri.
Gli alberi parlano all’artista e recitano poesie. Grazie alla loro conoscenza egli sente di sapere dove si trova e per quale motivo. Charles Darwin: “Gli alberi costituiscono la maggior bellezza di tutti i paesaggi” e l’artista condivide questo pensiero, abbracciandolo con tutte le sue forze e cominciando a ritrovarsi.
Le atmosfere sono quelle che ama, la tecnica è nuova e antica, comunque “sua”. L’evoluzione per tornare alle origini è iniziata.
Umberto Faini nasce a Milano nel 1933. Vive e lavora a Milano. Studia alla scuola d’Arte applicata del Castello di Milano, poi all’Accademia di Belle Arti di Brera. Segue i corsi di pittura con Aldo Carpi, decorazione con Gianfilippo Usellini e scenografia con Tito Varisco, frequentando anche l’aula di Achille Funi. Svolge attività didattica al Liceo Artistico e alla nuova Accademia di Belle Arti di Milano, come docente di anatomia artistica e alle Accademie di Carrara e di Bergamo, come docente di pittura. La sua attività artistica si caratterizza da un lato con una approfondita pratica del disegno e dell’immagine in tutti i suoi aspetti, dall’altro con un lavoro di ricerca sul segno-colore in rapporto alla variabilità percettiva della luce. Grande esperto in tutte le tecniche tradizionali antiche e moderne, ha eseguito numerose e importanti opere parietali. Fra le più recenti una grande composizione murale ad Arcumeggia (Varese), a Calcio (Bergamo) e a Casoli di Atri (Teramo).
“Una sosta di Pegaso”, 1999
Pegaso, cavallo alato, immaginaria figura che nei cieli può volare, si posa come simbolo dell’immaginazione per un po’ su una collina e, come immagine, su un muro di Casoli.
Umberto Faini nasce a Milano nel 1933. Vive e lavora a Milano. Studia alla scuola d’Arte applicata del Castello di Milano, poi all’Accademia di Belle Arti di Brera. Segue i corsi di pittura con Aldo Carpi, decorazione con Gianfilippo Usellini e scenografia con Tito Varisco, frequentando anche l’aula di Achille Funi. Svolge attività didattica al Liceo Artistico e alla nuova Accademia di Belle Arti di Milano, come docente di anatomia artistica e alle Accademie di Carrara e di Bergamo, come docente di pittura. La sua attività artistica si caratterizza da un lato con una approfondita pratica del disegno e dell’immagine in tutti i suoi aspetti, dall’altro con un lavoro di ricerca sul segno-colore in rapporto alla variabilità percettiva della luce. Grande esperto in tutte le tecniche tradizionali antiche e moderne, ha eseguito numerose e importanti opere parietali. Fra le più recenti una grande composizione murale ad Arcumeggia (Varese), a Calcio (Bergamo) e a Casoli di Atri (Teramo).
Luciano Gatti nasce a Quinzano sull’Oglio, in provincia di Brescia, nel 1942. Lavora a Milano. Ha insegnato tecniche dell’incisione alle Accademie di Belle Arti di Catanzaro e di Brera. Attualmente, è titolare della cattedra di Anatomia all’Accademia di Macerata.
“Giorno di festa”, 1999
Il suo è un azzardo lirico, più che una sperimentazione di linguaggio: ormai siamo totalmente abituati a non farci sorprendere che guardiamo con una cotenna sul cuore, e gli occhi sono affumicati dal video. C’è un incantesimo in certi fogli di Gatti o una illusione: che ancora per qualche momento si possa vedere ciò che non esiste, partecipare alla vita irreale con la tenerezza di un innamorato. Così anche il momento drammatico, che pure persiste, è un motivo ritmico, un accordo inciso tra vero e assurdo. Su tale territorio di cultura l’artista è rimasto attento alle indicazioni, ai messaggi che il coro della cultura contemporanea ha portato fino all’estenuante rinnegamento dell’essere individuale: ovvero all’inaridimento della sensibilità per soverchio uso delle allegorie private. Osserva un essere confuso dall’esplosione di mezzi che dilatano all’infinito e quindi annientano ogni notizia: ogni situazione privata o collettiva e qualsiasi pretesto può essere enfatizzato e digerito dall’enorme stomaco delle comunicazioni di massa.
Luciano Gatti nasce a Quinzano sull’Oglio, in provincia di Brescia, nel 1942. Lavora a Milano. Ha insegnato tecniche dell’incisione alle Accademie di Belle Arti di Catanzaro e di Brera. Attualmente, è titolare della cattedra di Anatomia all’Accademia di Macerata.
Antonio Miano nasce a Roccafiorita, in provincia di Messina, nel 1949. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, insegna al Liceo Artistico Statale I di Milano e si occupa di pittura, xilografia e mosaico.
“Ritratti”, 1999
“All’interno dell’opera di Antonio Miano, importanza fondamentale acquisisce il ritratto, in quanto sorregge l’equilibrio della complessità di una fantasia creativa che porta al centro della molteplice rappresentazione umana….
…dalla visibilità immediata della rappresentazione pittorica, alla metafora di stati d’animo oscurati dalle angosce, nella luce abbagliante dell’ansia e dell’inquietudine. Personaggi dell’immaginazione, dipinti sì nel dominio fisiognomico del riconoscimento immediato, ma appartenenti a una sfera dell’interiorità con collegamenti ben precisati tra di loro.
… Il guizzo del pennello sulla tavolozza dei colori, per afferrare le personalità di una galleria “privatissima” di personaggi …”
Antonio Miano nasce a Roccafiorita, in provincia di Messina, nel 1949. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, insegna al Liceo Artistico Statale I di Milano e si occupa di pittura, xilografia e mosaico.
Marilisa Pizzorno nasce a Brescia nel 1941, da padre sardo e madre milanese, pittrice ritrattista. Ha lo studio a Milano. Inizia adolescente a modellare, disegnare e dipingere, mentre prosegue lo studio delle lingue straniere in Italia, Svizzera e Inghilterra. Compie numerosi viaggi all’estero in Europa, Nord Africa, Giappone, Stati Uniti. Essenzialmente autodidatta per quanto riguarda la pittura e la scultura (si iscrive all’Accademia di Brera, ma la frequenta saltuariamente), per l’incisione frequenta i corsi all’Istituto d’Arte di Urbino nel 1971-1972 con R. Bruscaglia e all’Accademia di Belle Arti di Salisburgo (Austria) nel 1976-1977 con F. Meckseper. Tiene la sua prima personale (allora solo disegni) nel 1970, presentata dal poeta Diego Valeri, a cui seguono più di 25 personali e numerosissime mostre di gruppo e partecipazioni di rilievo in Italia e all’estero (Germania, Austria e Stati Uniti). Nel 1986 viene segnalata su Bolaffi Arte dal critico Giorgio Seveso e nel 1995-96 lavora a New London CT (USA) come artist in residence, invitata dalla Fondazione Griffis, dove espone anche in una personale.
“Una sola ala”, 1999
L’uomo che ho dipinto sul murale ha una sola ala, quindi non è un angelo. È in bilico sul davanzale di una finestra, lo sguardo rivolto indietro verso ciò che lascia, incerto se spiccare il volo. Con questa immagine voglio rappresentare, in modo simbolico, l’essere umano che desidera elevarsi, volare, che ha bisogno di libertà sia fisica che psichica, ma è da sempre combattuto tra spirito e materia.
Marilisa Pizzorno nasce a Brescia nel 1941, da padre sardo e madre milanese, pittrice ritrattista. Ha lo studio a Milano. Inizia adolescente a modellare, disegnare e dipingere, mentre prosegue lo studio delle lingue straniere in Italia, Svizzera e Inghilterra. Compie numerosi viaggi all’estero in Europa, Nord Africa, Giappone, Stati Uniti. Essenzialmente autodidatta per quanto riguarda la pittura e la scultura (si iscrive all’Accademia di Brera, ma la frequenta saltuariamente), per l’incisione frequenta i corsi all’Istituto d’Arte di Urbino nel 1971-1972 con R. Bruscaglia e all’Accademia di Belle Arti di Salisburgo (Austria) nel 1976-1977 con F. Meckseper. Tiene la sua prima personale (allora solo disegni) nel 1970, presentata dal poeta Diego Valeri, a cui seguono più di 25 personali e numerosissime mostre di gruppo e partecipazioni di rilievo in Italia e all’estero (Germania, Austria e Stati Uniti). Nel 1986 viene segnalata su Bolaffi Arte dal critico Giorgio Seveso e nel 1995-96 lavora a New London CT (USA) come artist in residence, invitata dalla Fondazione Griffis, dove espone anche in una personale.
Angiola Tremonti nasce a Sondrio nel 1948. Vive e lavora a Cantù, in provincia di Como. Dopo aver conseguito il diploma magistrale, frequenta l’Accademia di Arti Applicate, la Davide Campari di marketing e design, l’Accademia di Brera, seguendo corsi di affresco e addentrandosi alla ricerca delle più strane tecniche. Risulta poi vincitrice di concorso ed inizia ad insegnare nella scuola pubblica. Durante questi anni approfondisce gli studi di psicologia e frequenta numerosi convegni. Liberamente, ha luogo un’esperienza esistenziale imprevedibile come ricerca in paesi lontani come il Burkina Faso, in Africa e Calcutta, in India, dove ha luogo un intenso arricchimento vitale. Il forte legame con Don Antonio Mazzi la porta ad alternare l’arte con il volontariato si prodiga per i tossicodipendenti, scende in campo agguerrita a fianco dell’UNICEF contro la Pedofilia. Mette a punto la metodologia creativa degli “apsegni” che la porta alla sperimentazione tenendo corsi alle insegnanti a Milano, Como, Bologna, ed in numerose altre città. “Voglio, Vedo, Vivo” è il suo motto. Nel 1994, si avvicina al mondo della scultura, alla creta e alla cera. Produce i suoi primi lavori in bronzo, in oro ed in argento, aprendo un filone nuovo, quello del gioiello e dell’oggetto d’arte. Inizia la sua attività anche di design. Rossana Bossaglia, Raffaele De Grada e Gillo Dorfles la presentano con testi critici pregevoli. Opera a livello internazionale e negli ultimi dieci anni ha esposto solo in importanti spazi pubblici o museali, supportata da importanti sponsor.
“Mabilla, fra presagi e liquirizia.”, 1999
Esiste un paese morbido esistono persone con la luce dentro. Uso i colori incredibili delle parole. Mabilla come presagio di girasoli e di speranza in un ultimo soffio di allegria si aprono i cancelli della fine è l’inizio del capire. Cancro … e continuo a volare, con un’ala spezzata, respirando il profumo della terra, col ventre pieno succhiando liquirizia.
Il lunedì dopo il rientro a casa mi è stato diagnosticato un cancro al seno. Sto bene ed ho cambiato completamente il modo di vivere la vita. Osservando il mio affresco ciascuno potrà cogliere come appaiano chiari alcuni segnali. Vorrei che diventasse la Mabilla del seno e che chiunque passasse di lì si facesse venire in mente la data dell’ultima mammografia per fissare un nuovo appuntamento. Vi ringrazio con un caldo abbraccio.
Angiola Tremonti nasce a Sondrio nel 1948. Vive e lavora a Cantù, in provincia di Como. Dopo aver conseguito il diploma magistrale, frequenta l’Accademia di Arti Applicate, la Davide Campari di marketing e design, l’Accademia di Brera, seguendo corsi di affresco e addentrandosi alla ricerca delle più strane tecniche. Risulta poi vincitrice di concorso ed inizia ad insegnare nella scuola pubblica. Durante questi anni approfondisce gli studi di psicologia e frequenta numerosi convegni. Liberamente, ha luogo un’esperienza esistenziale imprevedibile come ricerca in paesi lontani come il Burkina Faso, in Africa e Calcutta, in India, dove ha luogo un intenso arricchimento vitale. Il forte legame con Don Antonio Mazzi la porta ad alternare l’arte con il volontariato si prodiga per i tossicodipendenti, scende in campo agguerrita a fianco dell’UNICEF contro la Pedofilia. Mette a punto la metodologia creativa degli “apsegni” che la porta alla sperimentazione tenendo corsi alle insegnanti a Milano, Como, Bologna, ed in numerose altre città. “Voglio, Vedo, Vivo” è il suo motto. Nel 1994, si avvicina al mondo della scultura, alla creta e alla cera. Produce i suoi primi lavori in bronzo, in oro ed in argento, aprendo un filone nuovo, quello del gioiello e dell’oggetto d’arte. Inizia la sua attività anche di design. Rossana Bossaglia, Raffaele De Grada e Gillo Dorfles la presentano con testi critici pregevoli. Opera a livello internazionale e negli ultimi dieci anni ha esposto solo in importanti spazi pubblici o museali, supportata da importanti sponsor.
Alberto Venditti nasce a Napoli nel 1939. Compie gli studi artistici presso l’Accademia di belle arti di Napoli, avendo come insegnanti Armando De Stefano e Giovanni Brancaccio. Nel 1961 vince una borsa di studio per l’Affresco di Arcumeggia e qui entra in contatto con altri giovani artisti, soprattutto con quelli di Brera. Sempre negli anni dell’Accademia, nella scuola di incisione, Venditti scopre, avendo come maestro Arnoldo Ciarrocchi, le possibilità espressive di tale linguaggio. Nel 1962, gli viene assegnato il premio Mancini per la pittura e, nello stesso anno, compie un viaggio in Inghilterra dove conosce lo scultore Henry Moore. Nel 1963, viene invitato alla Biennale di Incisione di Venezia, che si tiene alla Bevilacqua La Masa. Nel 1964, partecipa per la prima volta alla XXIV Biennale di Milano, presso la Permanente. Dal 1964 al 1968, l’artista compie svariate esperienze pittoriche a contatto con le ricerche correnti. Nel 1965, ordina la sua prima mostra alla Galleria S.Carlo di Napoli, che ripeterà l’anno seguente. In questi anni partecipa a varie rassegne nazionali, da S. Benedetto del Tronto alla Galleria Numero di Firenze, alle rassegne d’Arte del Mezzogiorno, al Palazzo Reale di Napoli ed allestisce una personale alla Galleria L’Approdo di Napoli. Nel 1971 si trasferisce a Milano, dove è insegnante al Liceo Artistico di Brera. Sempre a Milano, dal 1993, insegna Tecniche di Incisione all’Accademia e, successivamente, alla Scuola del Nudo. Venditti trova uno studio in un cortile di Piazza Castello, nel quale lavorera per quasi 20 anni. Tra i primi critici a visitarlo c’è Mario De Micheli, che ne cura la presentazione in varie mostre personali e rassegne importanti.
Nel 1999, l’artista viene chiamato a far parte della Commissione per le Opere d’Arte Sacra di Milano e, recentemente, ad un insegnamento di Pittura alla Scuola Superiore d’Arte del Castello Sforzesco. Fa parte della Associazione Incisori Veneti
“Agonismo”, 1999
Quando mi è stato chiesto di realizzare un dipinto sulla facciata di una casa all’aperto, la cosa mi ha molto interessato, perché tale iniziativa propone una riflessione su di un tema importante; e cioè quello di ridare una sua funzione alla pittura e forse il suo senso primo, che è quello di dialogare con lo spazio che la accoglie divenendo essa stessa punto di forza di tale spazio. In questa direzione l’artista deve pensare anche, secondo me, al tema del dipinto (che non sia il quadro da cavalletto dipinto per se stessi), ma un’opera che venga vissuta e coinvolga gli abitanti del luogo; per cui ho pensato all'”Agonismo” che è fatto di un attimo in cui la persona compie il massimo sforzo proiettata a raggiungere un obiettivo. E questo penso sia un’aspirazione naturale di tutti; ma in realtà lo scatto agonistico può avere significati più profondi: sociali, psicologici o espressivi, ma è anche lo scatto verso la conquista di un linguaggio pittorico idoneo a rappresentare la realtà che viviamo e che cerchiamo di afferrare.
Alberto Venditti nasce a Napoli nel 1939. Compie gli studi artistici presso l’Accademia di belle arti di Napoli, avendo come insegnanti Armando De Stefano e Giovanni Brancaccio. Nel 1961 vince una borsa di studio per l’Affresco di Arcumeggia e qui entra in contatto con altri giovani artisti, soprattutto con quelli di Brera. Sempre negli anni dell’Accademia, nella scuola di incisione, Venditti scopre, avendo come maestro Arnoldo Ciarrocchi, le possibilità espressive di tale linguaggio. Nel 1962, gli viene assegnato il premio Mancini per la pittura e, nello stesso anno, compie un viaggio in Inghilterra dove conosce lo scultore Henry Moore. Nel 1963, viene invitato alla Biennale di Incisione di Venezia, che si tiene alla Bevilacqua La Masa. Nel 1964, partecipa per la prima volta alla XXIV Biennale di Milano, presso la Permanente. Dal 1964 al 1968, l’artista compie svariate esperienze pittoriche a contatto con le ricerche correnti. Nel 1965, ordina la sua prima mostra alla Galleria S.Carlo di Napoli, che ripeterà l’anno seguente. In questi anni partecipa a varie rassegne nazionali, da S. Benedetto del Tronto alla Galleria Numero di Firenze, alle rassegne d’Arte del Mezzogiorno, al Palazzo Reale di Napoli ed allestisce una personale alla Galleria L’Approdo di Napoli. Nel 1971 si trasferisce a Milano, dove è insegnante al Liceo Artistico di Brera. Sempre a Milano, dal 1993, insegna Tecniche di Incisione all’Accademia e, successivamente, alla Scuola del Nudo. Venditti trova uno studio in un cortile di Piazza Castello, nel quale lavorera per quasi 20 anni. Tra i primi critici a visitarlo c’è Mario De Micheli, che ne cura la presentazione in varie mostre personali e rassegne importanti. Nel 1999, l’artista viene chiamato a far parte della Commissione per le Opere d’Arte Sacra di Milano e, recentemente, ad un insegnamento di Pittura alla Scuola Superiore d’Arte del Castello Sforzesco. Fa parte della Associazione Incisori Veneti
Beppe Verani nasce a Soresina, in provincia di Cremona, nel 1946. Vive ed opera a Soncino in provincia di Cremona. Insegnante, percorre da autodidatta tutte le tappe della sua formazione artistica affinando le sue doti, la sua sensibilità e facendo tesoro degli stimoli che gli provengono dai diversi ambienti artistici con i quali viene in contatto.
Mario Ghilardi dice delle sue opere: “I suoi dipinti sono ritagli di ricordi fissati in piccoli gesti, sogni inquieti e misteriosi presi per la coda prima che svaniscano. Le sue opere sono come collages, in cui esterno ed interno vengono dati contemporaneamente, si sovrappongono guidati da una dosata regia scenografica che ne evidenzia i piani spaziali, le luci e le ombre. Verani è pittore poco disponibile all’effetto, ma attento all’uso del suo segno, sicuro, duttile e sciolto. Nel suo lavoro eleva la tecnica a qualità intrinseca, aspirando a riscattarla dal rischio di fredda esecuzione per piegarla alle sue necessità espressive, fortemente legate ad un mondo dove il gioco, il sogno, la parte invisibile dell’esistenza, sono tradotti in sistema”. Dal 1969 ad oggi, ha allestito numerose mostre personali e collettive in diverse città italiane ed estere come Milano, Verona, Parma, Piacenza, Treviso, Brescia, Bergamo, Mantova, Parigi, Lione, Grenoble, Tolosa. Negli anni recenti, si registra la sua presenza in significative rassegne artistiche internazionali come: Artefiera, Padova; Mezieres en Brenne (Francia); Miart, Milano; Artefiera, Reggio Emilia; Art Jonction, Nizza (Francia); Casoli Pinta, Casoli di Atri (Teramo), Etruriarte; Gent (Belgio). Sue opere si trovano esposte in permanenza in Francia, ad Annecy, Grenoble, Belfort e Tolosa.
“Bersaglio colpito”, 1999
Il blu cielomare, il colore caldo di questa terra e di chi ci vive, ti vanno diritti dentro e ti lasciano il segno … e tu che guardi e sei guardato, tu che vuoi lasciare la tua traccia, sei continuamente “colpito ” dalla traboccante umanità che hai intorno e da esso sei diventato un bersaglio, sei il bersaglio che hai sempre desiderato essere: appeso con quattro fili al muro di una casa che per un po’ ti ha sentito anche suo.
Beppe Verani nasce a Soresina, in provincia di Cremona, nel 1946. Vive ed opera a Soncino in provincia di Cremona. Insegnante, percorre da autodidatta tutte le tappe della sua formazione artistica affinando le sue doti, la sua sensibilità e facendo tesoro degli stimoli che gli provengono dai diversi ambienti artistici con i quali viene in contatto.
Mario Ghilardi dice delle sue opere: “I suoi dipinti sono ritagli di ricordi fissati in piccoli gesti, sogni inquieti e misteriosi presi per la coda prima che svaniscano. Le sue opere sono come collages, in cui esterno ed interno vengono dati contemporaneamente, si sovrappongono guidati da una dosata regia scenografica che ne evidenzia i piani spaziali, le luci e le ombre. Verani è pittore poco disponibile all’effetto, ma attento all’uso del suo segno, sicuro, duttile e sciolto. Nel suo lavoro eleva la tecnica a qualità intrinseca, aspirando a riscattarla dal rischio di fredda esecuzione per piegarla alle sue necessità espressive, fortemente legate ad un mondo dove il gioco, il sogno, la parte invisibile dell’esistenza, sono tradotti in sistema”. Dal 1969 ad oggi, ha allestito numerose mostre personali e collettive in diverse città italiane ed estere come Milano, Verona, Parma, Piacenza, Treviso, Brescia, Bergamo, Mantova, Parigi, Lione, Grenoble, Tolosa. Negli anni recenti, si registra la sua presenza in significative rassegne artistiche internazionali come: Artefiera, Padova; Mezieres en Brenne (Francia); Miart, Milano; Artefiera, Reggio Emilia; Art Jonction, Nizza (Francia); Casoli Pinta, Casoli di Atri (Teramo), Etruriarte; Gent (Belgio). Sue opere si trovano esposte in permanenza in Francia, ad Annecy, Grenoble, Belfort e Tolosa.
Luigi Volpi nasce a Lodi nel 1937. Frequenta i corsi serali di pittura alla Scuola Superiore d’Arte del Castello Sforzesco di Milano e i corsi liberi di nudo all’Accademia di Brera. Nel 1967, consegue il diploma di maestro d’arte, da privatista, presso l’istituto Venturi di Modena. Dal 1971 al 1983, insegna disegno e tecniche progettuali presso la Scuola d’arte ceramica “Cova” di Milano. Dal 1983, si dedica professionalmente alla calcografia e alla pittura. Muore a Lodi il 31 Marzo 2009.
“I porri”, 1999
Arriva il Pino con un gran mazzo di porri tra le braccia: “Ho dovuto strapparli tutti, nell’orto è entrata la ruspa”, mi dice triste. Sono li sul tavolo, bellissimi, profumati, odoranti di terra. Invadono il tavolo e il cuore. Prima di mangiarmeli devo raccontare questa bella storia.
Luigi Volpi nasce a Lodi nel 1937. Frequenta i corsi serali di pittura alla Scuola Superiore d’Arte del Castello Sforzesco di Milano e i corsi liberi di nudo all’Accademia di Brera. Nel 1967, consegue il diploma di maestro d’arte, da privatista, presso l’istituto Venturi di Modena. Dal 1971 al 1983, insegna disegno e tecniche progettuali presso la Scuola d’arte ceramica “Cova” di Milano. Dal 1983, si dedica professionalmente alla calcografia e alla pittura. Muore a Lodi il 31 Marzo 2009.
Guerrino Bardeggia nasce a Gabicce Mare, in provincia di Pesaro, nel 1937, dove vive e lavora. Nella sua carriera artistica ha allestito e ordinato numerose mostre personali e collettive dove gli sono stati conferiti cinquecento premi e segnalazioni speciali.
Ha partecipato, esclusivamente su invito, a Rassegne d’Arte Nazionali ed Internazionali, riscuotendo consensi di critica e di pubblico. Guerrino Bardeggia è scomparso a Gabicce Mare il 5 gennaio 2004.
“L’Attesa”, 2000
L’Attesa, la speranza uguale nel tempo e nei tempi. Madre e figlia, “la famiglia”, che attendono, allora come oggi, il ritorno dell’uomo; partito in cerca di gloria e di fortuna. La natura circonda ancora un lembo di territorio. Il paese in alto, uno scorcio, a simboleggiare la casa ritrovata, il proprio sito. L’uccellino in primo piano come rapporto continuativo con la natura e motivo di dolce compagnia.
Guerrino Bardeggia nasce a Gabicce Mare, in provincia di Pesaro, nel 1937, dove vive e lavora. Nella sua carriera artistica ha allestito e ordinato numerose mostre personali e collettive dove gli sono stati conferiti cinquecento premi e segnalazioni speciali.
Ha partecipato, esclusivamente su invito, a Rassegne d’Arte Nazionali ed Internazionali, riscuotendo consensi di critica e di pubblico. Guerrino Bardeggia è scomparso a Gabicce Mare il 5 gennaio 2004.
Giuseppe De Luca nasce a Pachino, in provincia di Siracusa, nel 1943. Studia all’Istituto d’Arte di Siracusa. Vive e lavora a Varese. Le sue opere sono presenti in collezioni private in Italia, Germania, Svizzera, Austria, Francia, Canada, USA.
“Palmento”, 2000
La mia pittura è un diario che non ubbidisce ad un ordine cronologico. Non vuole privilegiare la narrazione, ma divenire evocazione senza compiacimento descrittivo, perché la mia cifra stilistica è rivolta a rifuggire la realtà romanzata e il dato iconografico. Il mio operare vuole significare un perenne elogio alla vita bucolica e speranzosa che ha alimentato la mia adolescenza. Dall’oblio, ho voluto far emergere alcuni elementi essenziali che diventano i miei “segni pittorici” che sono tesi ad interpretare non la realtà tangibile, ma tutto ciò che appartiene al mio universo creativo, filtrato attraverso la memoria storica ed esistenziale. In questo quadro visivo, i ricordi hanno un ruolo preminente: ne emergono così personaggi e situazioni che hanno avuto una funzione importante e determinante nella mia formazione di crescita psicologica e culturale. Volutamente non esprimo i dettagli che permettono di collocare la visione di persone o cose con una databilità ben precisa; non vi è alcun riferimento all’attualità o alla cronaca di un tempo ben definito. Tutto ciò che accade, o che si è venuto a determinare, esce dal contesto in cui si definisce in riferimento a collocazioni di presunte databilità ed entra per me, attraverso il messaggio che si definisce in visione, in una fase connotata da una unicità sovrana in cui i momenti tra passato, presente ed un possibile futuro, potrebbero coesistere e vivere nel tempo.
Giuseppe De Luca nasce a Pachino, in provincia di Siracusa, nel 1943. Studia all’Istituto d’Arte di Siracusa. Vive e lavora a Varese. Le sue opere sono presenti in collezioni private in Italia, Germania, Svizzera, Austria, Francia, Canada, USA.
Luigi del Sal nasce a Cerasolo, in provincia di Venezia, nel 1928, dove opera. Attorno agli anni ’50, si trasferisce a Milano, dove tramite uno zio imprenditore di Parigi incontra Picasso durante la sua antologia al Castello Sforzesco. In tale circostanza, mostra al grande maestro catalano dei suoi lavori ed è incoraggiato a continuare. Frequenta il caffè Giamaica, ritrovo allora di artisti e intellettuali di Milano, e la Galleria del Milione gli dà l’opportunità di conoscere e stabilire rapporti culturali con i massimi artisti di allora, da Kodra a Cassinari, da Migneco a Brindisi, fino a Mimmo Maccari. In quel periodo, inoltre, ha modo di conoscere e frequentare De Pisis. Tra il 1956 e il 1960, compie viaggi nel Sud, Marocco, Algeria, Lucania e in Calabria. Il periodo coincide con esposizioni collettive. Rientra nel Veneto, stabilendo nuovi sodalizi artistici con Guidi, Saetti, Valeri e Fasolo, rimanendo affascinato dalla pittura dei primi due. Sono anni di intenso lavoro, in cui l’artista mantiene i contatti con l’ambiente milanese e ha modo di realizzare numerose mostre personali in Italia e all’estero. Nel frattempo, inizia l’attività della critica d’arte, collaborando a quotidiani e riviste d’arte e curando monografie, di Guidi, Brindisi, Spacal e altri. Ha al suo attivo circa 180 mostre personali in Italia e all’estero. La sua bibliografia generale è molto vasta, essendo al sua opera stata recensita da riviste d’arte e quotidiani italiani ed esteri, a partire dagli anni ’60 ad oggi. Presente in aste come Finarte e Pandolfini, è stato oggetto di pubblicazioni della Mondadori e della Arte In, realizzando, inoltre, numerosi cataloghi e monografie.
Si sono interessati all’opera di Luigi del Sal critici come De Grada, Solmi, Muriari, Seveso, Venturoli, Maugeri, Rizzi.
“L’incantatore di uccelli”, 2000
Racconto fantasioso, poesia e denuncia umana e sociale, diventando così un pretesto pittorico per Luigi del Sal, che, da buon druido, riesce a miscelare situazioni e verità allusive che in termini di significazioni e risultanze creative determinano un volume di pagine pittoriche pregne di un prodigioso fascino comunicativo, che ha la capacità di imporsi per la sua grazia e la sua grande immediatezza all’attenzione e alla sensibilità del fruitore di qualsiasi estrazione sia etnica, religiosa, politica a culturale: questa è una risultanza che è prerogativa solo degli uomini di vero talento.
Luigi del Sal nasce a Cerasolo, in provincia di Venezia, nel 1928, dove opera. Attorno agli anni ’50, si trasferisce a Milano, dove tramite uno zio imprenditore di Parigi incontra Picasso durante la sua antologia al Castello Sforzesco. In tale circostanza, mostra al grande maestro catalano dei suoi lavori ed è incoraggiato a continuare. Frequenta il caffè Giamaica, ritrovo allora di artisti e intellettuali di Milano, e la Galleria del Milione gli dà l’opportunità di conoscere e stabilire rapporti culturali con i massimi artisti di allora, da Kodra a Cassinari, da Migneco a Brindisi, fino a Mimmo Maccari. In quel periodo, inoltre, ha modo di conoscere e frequentare De Pisis. Tra il 1956 e il 1960, compie viaggi nel Sud, Marocco, Algeria, Lucania e in Calabria. Il periodo coincide con esposizioni collettive. Rientra nel Veneto, stabilendo nuovi sodalizi artistici con Guidi, Saetti, Valeri e Fasolo, rimanendo affascinato dalla pittura dei primi due. Sono anni di intenso lavoro, in cui l’artista mantiene i contatti con l’ambiente milanese e ha modo di realizzare numerose mostre personali in Italia e all’estero. Nel frattempo, inizia l’attività della critica d’arte, collaborando a quotidiani e riviste d’arte e curando monografie, di Guidi, Brindisi, Spacal e altri. Ha al suo attivo circa 180 mostre personali in Italia e all’estero. La sua bibliografia generale è molto vasta, essendo al sua opera stata recensita da riviste d’arte e quotidiani italiani ed esteri, a partire dagli anni ’60 ad oggi. Presente in aste come Finarte e Pandolfini, è stato oggetto di pubblicazioni della Mondadori e della Arte In, realizzando, inoltre, numerosi cataloghi e monografie. Si sono interessati all’opera di Luigi del Sal critici come De Grada, Solmi, Muriari, Seveso, Venturoli, Maugeri, Rizzi.
Guido Di Fidio nasce a Trinitapoli, in provincia di Foggia, nel 1924. Vive e lavora a Bergamo.
Dal 1946 al 1970, vive a Milano, dove studia con Marino Marini all’Accademia di Brera. Nel 1954, con una borsa di studio va a Parigi, sotto la guida di Ossi P Zadkine. Insegna al Liceo Artistico di Bergamo, che dirige dal 1986 al 1990. Negli anni ’50 e ’60, è vicino agli artisti della figurazione milanese e del Realismo Esistenziale e successivamente, dopo alcuni anni di ripensamenti e di ricerca solitaria, approdava a un realismo simbolico, mai disgiunto da un forte impegno per la società civile. Ha ottenuto il premio Città di Milano nel 1953 e altri premi a Milano, Roma, Brescia. È stato il primo dei classificati al concorso bandito dal Comune di Milano per una fontana monumentale in piazza Piemonte, nel 1959. Ha eseguito la facciata scolpita di una casa d’abitazione a Milano, nel 1964 ed ha lavorato a Montreal, con una borsa del Canada Council, nel 1968 e nel 1969.
“Volo di uccelli”, 2000
Il pannello eseguito a Casoli nel 2000 rappresenta alcuni uccelli in volo, gabbiani e corvi. I gabbiani e i corvi sono spesso antagonisti e l’aggressività di quasi tutti gli uccelli è evidentemente fuori discussione, al di là di viete romanticherie o sovrastrutture liriche (Hitchcock ha capito bene questo aspetto nel suo film). L’aver scelto gli uccelli come soggetto che spesso ritorna (ma non solo) nelle mie opere è una precisa scelta simbolica di aspirazione alla libertà, pur in presenza di difficoltà e di lotta. La libertà di cui parlo, quella per cui vale la pena di combattere, è, naturalmente, quella dei principi superiori, quella di cui non si discute, “le non scritte leggi degli dei” come le chiama Antigone.
Guido Di Fidio nasce a Trinitapoli, in provincia di Foggia, nel 1924. Vive e lavora a Bergamo. Dal 1946 al 1970, vive a Milano, dove studia con Marino Marini all’Accademia di Brera. Nel 1954, con una borsa di studio va a Parigi, sotto la guida di Ossi P Zadkine. Insegna al Liceo Artistico di Bergamo, che dirige dal 1986 al 1990. Negli anni ’50 e ’60, è vicino agli artisti della figurazione milanese e del Realismo Esistenziale e successivamente, dopo alcuni anni di ripensamenti e di ricerca solitaria, approdava a un realismo simbolico, mai disgiunto da un forte impegno per la società civile. Ha ottenuto il premio Città di Milano nel 1953 e altri premi a Milano, Roma, Brescia. È stato il primo dei classificati al concorso bandito dal Comune di Milano per una fontana monumentale in piazza Piemonte, nel 1959. Ha eseguito la facciata scolpita di una casa d’abitazione a Milano, nel 1964 ed ha lavorato a Montreal, con una borsa del Canada Council, nel 1968 e nel 1969.
Giuseppe Martinelli nasce a Viareggio nel 1930.
Studia presso il Liceo Artistico di Carrara e, successivamente, frequenta il corso biennale di pittura murale e affresco al Magistero d’arte di Firenze. Nel 1956, si trasferisce a Milano, partecipando a quel movimento artistico che fu definito Realismo Esistenziale e, negli anni ’60, alla Nuova Figurazione.
Ha tenuto numerose mostre personali in città italiane, in Germania, in Belgio e a New York.
Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, fra i quali il Primo Premio Viareggio, nel 1956, il Premio Michetti di Francavilla al Mare, nel 1962, il Secondo Premio Fiesole, nel 1963, il Primo Premio al Premio Ramazzotti di Milano e il Primo Premio al Premio Sant’Ilario d’Enza (Parma), nel 1964, il Primo Premio La Spezia, nel 1965, il Primo Premio Suzzara, nel 1976, il Primo Premio Biennale di Piacenza, nel 1987. Scompare a Milano il 15 luglio 2016.
“La grande agave sotto le stelle”, 2000
A Casoli di Atri, in un settembre di festa, ho per la prima volta dipinto una agave. L’ho improvvisata quando ho preso visione dello spazio da dipingere. Niente di straordinario, perché da tempo avevo idea di realizzare una grande agave nel cielo. Conoscevo bene le agavi per averle incontrate e osservate tante volte attraverso il finestrino di un treno sul tratto Viareggio-Milano, via Genova, piantate come iguane sulle rocce a strapiombo del mar Ligure: animali vegetali antichi e mitici, con sangue di clorofilla e corazze di foglie forti e taglienti come scimitarre. Oppure per averle respirate in Sardegna davanti a casa, quasi blu nel sole, a un palmo dall’acqua di mare cristallina, o nelle notti d’estate che ampliano il cielo pieno di stelle. Allora, solenni e misteriose, si argentano e aprono alla rugiada tentacoli coriacei e punte acuminate che si levano in alto a bucare le vie lattee.
Giuseppe Martinelli nasce a Viareggio nel 1930.
Studia presso il Liceo Artistico di Carrara e, successivamente, frequenta il corso biennale di pittura murale e affresco al Magistero d’arte di Firenze. Nel 1956, si trasferisce a Milano, partecipando a quel movimento artistico che fu definito Realismo Esistenziale e, negli anni ’60, alla Nuova Figurazione. Ha tenuto numerose mostre personali in città italiane, in Germania, in Belgio e a New York. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, fra i quali il Primo Premio Viareggio, nel 1956, il Premio Michetti di Francavilla al Mare, nel 1962, il Secondo Premio Fiesole, nel 1963, il Primo Premio al Premio Ramazzotti di Milano e il Primo Premio al Premio Sant’Ilario d’Enza (Parma), nel 1964, il Primo Premio La Spezia, nel 1965, il Primo Premio Suzzara, nel 1976, il Primo Premio Biennale di Piacenza, nel 1987. Scompare a Milano il 15 luglio 2016.
Stefano Pizzi nasce a Pavia nel 1955. Vive e lavora a Milano.
Studia al Liceo e all’Accademia di Brera, ove è attualmente docente di Pittura. Dalla fine degli anni ’70 è animatore di istanze culturali, allestisce mostre personali ed è invitato ad importanti rassegne. Protagonista del dibattito artistico, è conosciuto anche dal grande pubblico per le sue spettacolari installazioni urbane. Pittore di area iconica-surreale, confeziona nell’opera immagini plurime con l’aiuto di oggetti trovati, citazioni colte, nuovi e differenziati supporti .Ha esposto nelle principali città italiane ed europee, negli Stati Uniti, in Canada, in Sud America, in Giappone, in Korea, in Nord Africa. Oltre alla pittura, si dedica da anni all’incisione xilografica e all’arte ceramica. Sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private.
“Il vulcano butta i cuori”, 2000
Lavoro prevalentemente, negli ultimi anni, su carta e tela da tappezziere lasciando ai bordi della superficie un margine, sorta di passe-partout che oltre a incorniciare l’immagine fa “vivere” il supporto sul quale è realizzata. L’aspetto iconico risulta così concettualmente dualistico in quanto una figurazione preesistente ne ospita una ulteriore. I fondi damascati, fantasiosi, naturalistici sui quali dipingo irreali cartoline, inducono il pubblico a rimembranze crepuscolari, a tempi ormai lontani in cui le pareti tappezzate dei salotti ospitavano le cose buone di pessimo gusto e i tinelli offrivano spettacoli di credenze i cui vetri erano adornati di santini e cartoline inviate da luoghi lontani che si confondevano con le stoviglie e le carte da parati. “Il vulcano butta i cuori”, pertanto, ci dispensa un po’ di romantici ricordi legati ad un passato che non può tornare se non con l’aiuto immaginifico di una surreale, giocosa, rabbiosa pittura.
Stefano Pizzi nasce a Pavia nel 1955. Vive e lavora a Milano.
Studia al Liceo e all’Accademia di Brera, ove è attualmente docente di Pittura. Dalla fine degli anni ’70 è animatore di istanze culturali, allestisce mostre personali ed è invitato ad importanti rassegne. Protagonista del dibattito artistico, è conosciuto anche dal grande pubblico per le sue spettacolari installazioni urbane. Pittore di area iconica-surreale, confeziona nell’opera immagini plurime con l’aiuto di oggetti trovati, citazioni colte, nuovi e differenziati supporti .Ha esposto nelle principali città italiane ed europee, negli Stati Uniti, in Canada, in Sud America, in Giappone, in Korea, in Nord Africa. Oltre alla pittura, si dedica da anni all’incisione xilografica e all’arte ceramica. Sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private.
Benedetto Poma nasce a Mascalucia, in provincia di Catania, nel 1968. Inizia a dipingere giovanissimo, senza guida alcuna, spinto dal suo precoce amore per la pittura.
Frequenta l’Istituto Statale D’Arte di Catania e si laurea in Architettura presso l’Università degli Studi di Reggio Calabria, nel 1999. Più volte segnalato dalla critica come giovane talento, le sue opere sono accolte in diverse rassegne nazionali.
“Il sospiro di Prometeo”, 2000
La pittura del presente per esistere deve cominciare dal passato. Quali possono essere le conclusioni di una pittura attuale se viviamo in preda ad un caos collettivo? Si legge in giro, nei vari testi, che la pittura deve essere lo specchio dei propri tempi. Io credo che oggi abbiamo già abbastanza specchi che ogni giorno ci fanno vedere gli orrori della vita (basta accendere la TV!). E allora? Lasciamo in pace la pittura e concentriamoci su come si dipinge, e non su quello che si dipinge, senza mai distogliere lo sguardo dai maestri del passato.
Benedetto Poma nasce a Mascalucia, in provincia di Catania, nel 1968. Inizia a dipingere giovanissimo, senza guida alcuna, spinto dal suo precoce amore per la pittura.
Frequenta l’Istituto Statale D’Arte di Catania e si laurea in Architettura presso l’Università degli Studi di Reggio Calabria, nel 1999. Più volte segnalato dalla critica come giovane talento, le sue opere sono accolte in diverse rassegne nazionali.
Giancarlo Pozzi nasce a Castellanza, in provincia di Varese, nel 1938, dove vive e lavora. Dopo un precoce esordio pittorico, dal 1961 al 1972 lavora come calcografo e litografo presso l’editore Giorgio Upiglio di Milano, acquisendo una raffinata tecnica ed iniziando un’intensa attività di incisore che lo porta anche a strette collaborazioni con artisti come De Chirico, Giacometti, Fontana, Lam, Duchamp, ed altri, la cui visione surreale e frantumata della realtà incide profondamente sulla sua cultura pittorica. Le sue incisioni illustrano testi di L. Cavallo, A. MacLeish, R. Sanesi, O. Patani, R. Carrieri, R. Tagore, O. Nicolini, J. A. Valente, M. Staglieno, A. Soffici, S. Grasso, M. Monti, A. Merini. Dal 1967, la critica mostra crescente interesse (Pica, Cara, Passoni, Sanesi, Marsan, Mascherpa, Valsecchi, Ghibertli, Vigorelli).
“Il Messaggero”, 2000
Ho sempre sognato di far volare aquiloni; da ragazzo ne costruivo molti, dai colori vivaci e dalle varie forme ed approfittavo dei giorni dal cielo terso e con leggera brezza per farli volare. Provavo una gioia immensa nel vederli librare nel cielo; era come se parte di me fosse lassù e l’emozione era talmente intensa da sentirmi Icaro.
Questo desiderio di volare l’ho trasferito, in seguito, nella mia espressione artistica.
Uccelli, farfalle, libellule, aeroplani, aquiloni e tutto ciò che si muove nell’aria hanno un significato di libertà e perciò sono i soggetti preferiti dal mio spirito libero.
Il lavoro eseguito a Casoli rappresenta tutto questo, è un omaggio ai suoi cittadini ed a tutti i bambini del mondo.
Ogni aquilone, trainato da un uccello fantastico simbolo di una forza suprema e grande esempio di libertà porta messaggi di pace e felicità.
Giancarlo Pozzi nasce a Castellanza, in provincia di Varese, nel 1938, dove vive e lavora. Dopo un precoce esordio pittorico, dal 1961 al 1972 lavora come calcografo e litografo presso l’editore Giorgio Upiglio di Milano, acquisendo una raffinata tecnica ed iniziando un’intensa attività di incisore che lo porta anche a strette collaborazioni con artisti come De Chirico, Giacometti, Fontana, Lam, Duchamp, ed altri, la cui visione surreale e frantumata della realtà incide profondamente sulla sua cultura pittorica. Le sue incisioni illustrano testi di L. Cavallo, A. MacLeish, R. Sanesi, O. Patani, R. Carrieri, R. Tagore, O. Nicolini, J. A. Valente, M. Staglieno, A. Soffici, S. Grasso, M. Monti, A. Merini. Dal 1967, la critica mostra crescente interesse (Pica, Cara, Passoni, Sanesi, Marsan, Mascherpa, Valsecchi, Ghibertli, Vigorelli).
Paolo Tesi nasce a Pistoia nel 1945. Frequenta la sezione Pittura della Scuola d’Arte della sua città quando un manipolo di artisti la teneva il piedi. Successivamente, a Firenze, frequenta il Magistero d’Arte di Porta Romana, nella sezione Arti grafiche-Tecniche d’incisione e illustrazione del libro, l’Accademia di Belle Arti con Capocchini e Farulli e, per alcuni anni, si iscrive alla facoltà di Lettere, frequentando i corsi dei professori Alessandro Parronchi e Luigi Baldacci. “Pittore con la tentazione di scrivere”, nel 1989 cura, per il Comune di Pistoia, il volume e la relativa mostra “500 libretti di Mal’Aria”, edizioni pubblicate da Arrigo Bugiani, del quale è tornato ad occuparsi a più riprese. Nel 1990, ha fondato la rivista d’arte e letteratura “Ombrone”, alla quale si affianca una cartella di incisioni “Ombroncello”, tesa a valorizzare il mondo della grafica d’arte. Di grafica continua ad occuparsi realizzando manifesti , depliant e cataloghi. Nel 1992, cura la mostra ed il catalogo “Febbre libraria fra progetto e diletto”, rassegna di edizioni amatoriali, grafica d’arte e libro d’artista, allestita nelle sedi di Arezzo, Pistoia e Lugano. Nel 1993, scrive un saggio per il catalogo della mostra, tenuta a Santa Croce sull’Arno (Pisa), “I giorni della latta”, riagganciandosi al tema del gioco che per l’artista è stato fonte d’ispirazione per numerose opere convogliate in una mostra, “Toys”, allestita a Roma nel 1982. Ha realizzato vari dipinti murali, prevalentemente su commissione di privati. Dopo aver partecipato alla manifestazione ‘Casoli Pinta’ (rassegna anno 2000), è fra gli artisti che allestiranno un proprio pannello per la manifestazione ‘Per Pinocchio muri dipinti a Collodi’. Nel 2001 cura, per il Comune di Pistoia, la mostra e il catalogo “Poesia, marionette e viaggi di Guido Ceronetti nelle visioni di Carlo Cattaneo”. Nel 2002, ha illustrato il racconto di Collodi “Pinocchio. Le avventure di un burattino”, pubblicando nel volume i dipinti dedicati al burattino nel corso di molti anni. Da oltre dieci anni tiene, per il Comune di Pistoia, un corso di disegno ed uso del colore.
“Sognando Pinocchio”, 2000
Qui, allegoricamente, la letteratura di Collodi diventa pretesto per un fervido racconto di immagini, che propongono la riscoperta di valori e sentimenti universali.
Paolo Tesi nasce a Pistoia nel 1945. Frequenta la sezione Pittura della Scuola d’Arte della sua città quando un manipolo di artisti la teneva il piedi. Successivamente, a Firenze, frequenta il Magistero d’Arte di Porta Romana, nella sezione Arti grafiche-Tecniche d’incisione e illustrazione del libro, l’Accademia di Belle Arti con Capocchini e Farulli e, per alcuni anni, si iscrive alla facoltà di Lettere, frequentando i corsi dei professori Alessandro Parronchi e Luigi Baldacci. “Pittore con la tentazione di scrivere”, nel 1989 cura, per il Comune di Pistoia, il volume e la relativa mostra “500 libretti di Mal’Aria”, edizioni pubblicate da Arrigo Bugiani, del quale è tornato ad occuparsi a più riprese. Nel 1990, ha fondato la rivista d’arte e letteratura “Ombrone”, alla quale si affianca una cartella di incisioni “Ombroncello”, tesa a valorizzare il mondo della grafica d’arte. Di grafica continua ad occuparsi realizzando manifesti , depliant e cataloghi. Nel 1992, cura la mostra ed il catalogo “Febbre libraria fra progetto e diletto”, rassegna di edizioni amatoriali, grafica d’arte e libro d’artista, allestita nelle sedi di Arezzo, Pistoia e Lugano. Nel 1993, scrive un saggio per il catalogo della mostra, tenuta a Santa Croce sull’Arno (Pisa), “I giorni della latta”, riagganciandosi al tema del gioco che per l’artista è stato fonte d’ispirazione per numerose opere convogliate in una mostra, “Toys”, allestita a Roma nel 1982. Ha realizzato vari dipinti murali, prevalentemente su commissione di privati. Dopo aver partecipato alla manifestazione ‘Casoli Pinta’ (rassegna anno 2000), è fra gli artisti che allestiranno un proprio pannello per la manifestazione ‘Per Pinocchio muri dipinti a Collodi’. Nel 2001 cura, per il Comune di Pistoia, la mostra e il catalogo “Poesia, marionette e viaggi di Guido Ceronetti nelle visioni di Carlo Cattaneo”. Nel 2002, ha illustrato il racconto di Collodi “Pinocchio. Le avventure di un burattino”, pubblicando nel volume i dipinti dedicati al burattino nel corso di molti anni. Da oltre dieci anni tiene, per il Comune di Pistoia, un corso di disegno ed uso del colore.
Aldo Zuliani nasce a Varese nel 1950, dove vive e lavora.
Le righe che qui lo presentano sono tratte dalla Tesi Accademica a lui dedicata da Cristina Marzari.
“… Durante gli studi, nessun professore ha influito sull’Artista, poiché egli, non ha mai ‘guardato’, ma bensi ha sempre ‘osservato’, interessandosi a vari Artisti.”
“… Zuliani crede che per poter fare Arte oggi, è sostanziale prenderla molto seriamente, poiché essa rappresenta il più alto livello a cui l’uomo può aspirare e giungere, come ci è stato tramandato nei secoli, soprattutto non basandosi sulla ‘mediocrita’. “
” … Per cui, pur dedicandosi alla scultura, ricerca il bello anche negli altri filoni artistici.”
“… E Zuliani dice: ‘La scenografia mi affascina perché è il negativo della scultura, questa, molto schematicamente, è una presenza che viene inserita in un ambiente, la scenografia è lo stesso ambiente nel quale vengono inserite delle presenze. È quindi un completamento della mia creativita’. “
“Incomunicabilità”, 2000
Gridava quel pazzo dal manicomio: “Adesso siamo il quarantanove per cento, quando saremo il cinquantuno per cento, i pazzi sarete voi!” Forse siamo già arrivati a quel massimale, non ne sono certo, ma il fatto è che chi propugna l’effimero oggi vien tenuto da conto e chi crede nei veri valori dell’uomo viene emarginato.
Oggi la gente si arrocca nel benessere per trovar sicurezze e non si accorge che la vera certezza sta nello scrutare da un ramo la luna e gridare il proprio dolore.
È certamente più rassicurante nascondersi in un nido di illusioni e lasciar fuori chi ha deciso di mettere a fuoco le proprie incertezze e la propria fragilità. Quali sono i confini della ragione e della pazzia ? Lascio all’attento osservatore la possibile risposta.
Aldo Zuliani nasce a Varese nel 1950, dove vive e lavora.
Le righe che qui lo presentano sono tratte dalla Tesi Accademica a lui dedicata da Cristina Marzari.
“… Durante gli studi, nessun professore ha influito sull’Artista, poiché egli, non ha mai ‘guardato’, ma bensi ha sempre ‘osservato’, interessandosi a vari Artisti.”
“… Zuliani crede che per poter fare Arte oggi, è sostanziale prenderla molto seriamente, poiché essa rappresenta il più alto livello a cui l’uomo può aspirare e giungere, come ci è stato tramandato nei secoli, soprattutto non basandosi sulla ‘mediocrita’. “
” … Per cui, pur dedicandosi alla scultura, ricerca il bello anche negli altri filoni artistici.”
“… E Zuliani dice: ‘La scenografia mi affascina perché è il negativo della scultura, questa, molto schematicamente, è una presenza che viene inserita in un ambiente, la scenografia è lo stesso ambiente nel quale vengono inserite delle presenze. È quindi un completamento della mia creativita’. “
Franco Petrosemolo nasce a Milano nel 1949. Diplomatosi al Liceo Artistico di Brera, frequenta la Scuola del Castello Sforzesco nella sezione di affresco e mosaico e conclude la sua formazione in un noto studio di restauro, sotto la direzione del maestro Walmore Grazioli. L’interesse per l’insegnamento lo porta per venticinque anni al Liceo Artistico come titolare della cattedra di Modellato e per un breve periodo al Liceo Scientifico, per la cattedra di Disegno e Storia dell’Arte. Nel 1994, lascia l’insegnamento statale partecipando come docente a corsi e seminari. La sua prima presenza pubblica avviene nel 1968, ancora studente di liceo, nel nuovo spazio milanese della Rotonda Besana, ottenendo sul Corriere di Informazione una segnalazione di Dino Buzzati. Gli anni successivi sono improntati da una intensa attività espositiva sia a carattere personale che internazionale. Nel 1969, viene invitato a Parigi, al Salon International de l’Art Libre, al Trocadero, dove, insieme a cinque artisti, costituisce il “Padiglione Italia”. L’anno successivo, al PAC di Milano (Civico Padiglione d’Arte Contemporanea), l’artista espone nella sala dei “Pittori della Realtà”, insieme ai maestri: Annigoni, Sciltian, Donizzetti. Nel 1982, viene invitato al XII Premio Città di Gallarate e la sua opera “Omaggio ad Antonello da Messina”, dipinto ad olio su tavola, diviene patrimonio della Gallera Civica d’Arte Moderna. Nel 1984, alla Villa Reale di Monza, partecipa all’esposizione intitolata “I cento cavalli del Re”, organizzata dai Gentlemen d’Italia, che vede l’interessamento del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Nel 2000, la Fondazione “Il Pellicano” di Urbino lo invita ad illustrare una lettera di San Paolo per la manifestazione “Non più schiavo ma fratello”, che ottiene larga eco sull’Osservatore Romano ed il plauso di Papa Giovanni Paolo II. Attualmente, per la stessa Fondazione, sta realizzando la tavola dell'”Ascensione” per l’importante produzione editoriale del Vangelo di San Luca illustrato da artisti. A tutt’oggi, la sua attività espositiva a carattere personale e collettivo supera le cento presenze e le sue opere compaiono in numerose collezioni pubbliche, tra le quali, a Varese, nel Santuario di Sant’Antonio alla Brunella, il cartone in sanguigna di un Profeta. Importanti opere grafiche sono ubicate nella nuova sede della Croce Rossa Italiana a Varese, nella Cassa di Risparmio a Correggio (Reggio Emilia) e nel Castello Litta a Gambolò (Pavia). A queste opere si aggiungono alcuni dipinti murali. A Bodio Lomnago (Varese), la Mater Silente ed una edicola votiva; a Casoli di Atri (Teramo), la Madonna della Pace; ad Olginasio di Besozzo (Varese), la Madonna dell’Albero. Per l’esposizione personale presentata nel 2001 nel Battistero di San Giovanni di Varese, il Comitato Culturale del Centro Comunitario di Ricerche di Ispra realizza un CD-ROM intitolato “Nel mondo dell’arte sacra, opere di Franco Petrosemolo”.
“La Madonna della Pace”, 2000
Le presunte certezze di un mondo sempre più tecnologico, globalizzato e laicizzato, ove le pause di riflessione sono state soffocate dalla frenetica ricerca del raggiungimento degli “status simbols” sono state, con i tragici eventi dell’11 settembre, bruscamente rimesse in discussione. L’uomo moderno si è sentito meno sicuro di sé ed ha cominciato a domandarsi sul suo essere e sul suo divenire, facendo emergere la necessità di recuperare altre certezze e riferimenti che si possano configurare nel ruolo della “centralità dell’uomo”: quelle del Trascendente.
Chiamato a Casoli di Atri immediatamente dopo questi fatti ed essendo un pittore di matrice figurativa, ho deciso di realizzare La Madonna della Pace.
Una mamma con il suo bambino, senza aureole o attributi decorativi: quale migliore messaggio di speranza e di augurio all’alba di questo terzo millennio, se non mettere al centro del mondo l’uomo, un piccolo uomo che giocherella con un rametto di olivo sullo sfondo delle maestose montagne d’Abruzzo.
Franco Petrosemolo nasce a Milano nel 1949. Diplomatosi al Liceo Artistico di Brera, frequenta la Scuola del Castello Sforzesco nella sezione di affresco e mosaico e conclude la sua formazione in un noto studio di restauro, sotto la direzione del maestro Walmore Grazioli. L’interesse per l’insegnamento lo porta per venticinque anni al Liceo Artistico come titolare della cattedra di Modellato e per un breve periodo al Liceo Scientifico, per la cattedra di Disegno e Storia dell’Arte. Nel 1994, lascia l’insegnamento statale partecipando come docente a corsi e seminari. La sua prima presenza pubblica avviene nel 1968, ancora studente di liceo, nel nuovo spazio milanese della Rotonda Besana, ottenendo sul Corriere di Informazione una segnalazione di Dino Buzzati. Gli anni successivi sono improntati da una intensa attività espositiva sia a carattere personale che internazionale. Nel 1969, viene invitato a Parigi, al Salon International de l’Art Libre, al Trocadero, dove, insieme a cinque artisti, costituisce il “Padiglione Italia”. L’anno successivo, al PAC di Milano (Civico Padiglione d’Arte Contemporanea), l’artista espone nella sala dei “Pittori della Realtà”, insieme ai maestri: Annigoni, Sciltian, Donizzetti. Nel 1982, viene invitato al XII Premio Città di Gallarate e la sua opera “Omaggio ad Antonello da Messina”, dipinto ad olio su tavola, diviene patrimonio della Gallera Civica d’Arte Moderna. Nel 1984, alla Villa Reale di Monza, partecipa all’esposizione intitolata “I cento cavalli del Re”, organizzata dai Gentlemen d’Italia, che vede l’interessamento del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Nel 2000, la Fondazione “Il Pellicano” di Urbino lo invita ad illustrare una lettera di San Paolo per la manifestazione “Non più schiavo ma fratello”, che ottiene larga eco sull’Osservatore Romano ed il plauso di Papa Giovanni Paolo II. Attualmente, per la stessa Fondazione, sta realizzando la tavola dell'”Ascensione” per l’importante produzione editoriale del Vangelo di San Luca illustrato da artisti. A tutt’oggi, la sua attività espositiva a carattere personale e collettivo supera le cento presenze e le sue opere compaiono in numerose collezioni pubbliche, tra le quali, a Varese, nel Santuario di Sant’Antonio alla Brunella, il cartone in sanguigna di un Profeta. Importanti opere grafiche sono ubicate nella nuova sede della Croce Rossa Italiana a Varese, nella Cassa di Risparmio a Correggio (Reggio Emilia) e nel Castello Litta a Gambolò (Pavia). A queste opere si aggiungono alcuni dipinti murali. A Bodio Lomnago (Varese), la Mater Silente ed una edicola votiva; a Casoli di Atri (Teramo), la Madonna della Pace; ad Olginasio di Besozzo (Varese), la Madonna dell’Albero. Per l’esposizione personale presentata nel 2001 nel Battistero di San Giovanni di Varese, il Comitato Culturale del Centro Comunitario di Ricerche di Ispra realizza un CD-ROM intitolato “Nel mondo dell’arte sacra, opere di Franco Petrosemolo”.
Abraham Sidney. Nato a Modena il 26 08 1990. Madre Italiana e padre Ghanese. Lo rendono figlio di diverse culture. Da sempre è affascinato dalla cultura Africana anche se ha poco tempo di conoscerla a fondo perchè perde il padre all’età di 8 anni. Un evento che lo segnerà profondamente e che ricorre nelle note nostalgiche e romantiche comuni in molti dei suoi lavori. Le calde radici genetiche si evincono dalla vibranza dei colori e dalla varietà paesaggistica. Ispirato dalle pitture tropicali ad olio della madre si cimenta con la tecnica pittorica sin dalla tenera età. In un primo periodo frequenta la scuola superiore per geometri dove apprende la prospettiva e il disegno tecnico, materie che lo appassionano notevolmente e che andranno poi a costituire grossa parte del suo stile. Desideroso di esplorare interamente il mondo artistico nelle sue tecniche e nella sua storia si trasferisce dopo 4 di studi tecnici al liceo artistico A. Venturi di Modena dove si diploma. S’iscrive all’università iniziando dal Politecnico di Milano con indirizzo design del prodotto industriale ma nonostante gli immediati riscontri positivi, decide di cambiare optando per la sua principale vocazione iscrivendosi all’accademia di Belle Arti di Firenze. La frequenta a massimi voti per tre anni, poi un incontro che lui definisce “figlio del destino” lo mette in contatto con il professor Andrea Del Guercio detentore della cattedra di Storia dell’Arte Moderna di Brera Milano, ricevendo da quest’ultimo l’invito a trasferirsi presso la sua università per ultimare gli studi. Cosi si laurea nel 2019 in grafica d’arte presso l’accademia di Brera Mi. L’attività pittorica è una esigenza quotidiana e già dal primo incontro con il professore di Brera inizierà ad esporre presso la galleria Five gallery di Lugano Ch.
Abraham Sidney. Nato a Modena il 26 08 1990. Madre Italiana e padre Ghanese. Lo rendono figlio di diverse culture. Da sempre è affascinato dalla cultura Africana anche se ha poco tempo di conoscerla a fondo perchè perde il padre all’età di 8 anni. Un evento che lo segnerà profondamente e che ricorre nelle note nostalgiche e romantiche comuni in molti dei suoi lavori. Le calde radici genetiche si evincono dalla vibranza dei colori e dalla varietà paesaggistica. Ispirato dalle pitture tropicali ad olio della madre si cimenta con la tecnica pittorica sin dalla tenera età. In un primo periodo frequenta la scuola superiore per geometri dove apprende la prospettiva e il disegno tecnico, materie che lo appassionano notevolmente e che andranno poi a costituire grossa parte del suo stile. Desideroso di esplorare interamente il mondo artistico nelle sue tecniche e nella sua storia si trasferisce dopo 4 di studi tecnici al liceo artistico A. Venturi di Modena dove si diploma. S’iscrive all’università iniziando dal Politecnico di Milano con indirizzo design del prodotto industriale ma nonostante gli immediati riscontri positivi, decide di cambiare optando per la sua principale vocazione iscrivendosi all’accademia di Belle Arti di Firenze. La frequenta a massimi voti per tre anni, poi un incontro che lui definisce “figlio del destino” lo mette in contatto con il professor Andrea Del Guercio detentore della cattedra di Storia dell’Arte Moderna di Brera Milano, ricevendo da quest’ultimo l’invito a trasferirsi presso la sua università per ultimare gli studi. Cosi si laurea nel 2019 in grafica d’arte presso l’accademia di Brera Mi. L’attività pittorica è una esigenza quotidiana e già dal primo incontro con il professore di Brera inizierà ad esporre presso la galleria Five gallery di Lugano Ch.
Callisto Di Nardo nasce a Barisciano (AQ) nel 1958.Fin da bambino ha mostrato curiosità e spiccato interesse per il disegno, ma ha faticato non poco per scegliere la sua strada.
Dopo essersi diplomato presso l’Istituto Tecnico per Geometri, ha iniziato a coltivare da autodidatta la sua vera passione, la pittura, che per molti anni ha conciliato con altre esperienze lavorative.
Nei primi anni 80 conosce Sandro e Carla Conti ed inizia a frequentare la loro casa-studio. Nasce tra loro una profonda amicizia, consolidatasi nel tempo fino a diventare una sorta di sodalizio artistico. Forse la conoscenza di Conti che apprezza molto le qualità insite nel giovane Di Nardo, incoraggiandolo a proseguire sulla strada intrapresa, è per lui un ulteriore stimolo ad approfondire l’impegno quotidiano con la pittura. Da venti anni Callisto si dedica a tempo pieno allo studio e alla rappresentazione delle tematiche legate alla natura e alla civiltà della sua terra, dimostrando un legame forte con il proprio paese. La sua pittura, originariamente basata sul segno, elaborato in tracciati retti e curvilinei conviventi va gradualmente trasformandosi evidenziando la sua maturità artistica: il tratto diventa meno visibile, quasi mimetizzato nel colore, che varia dai timbri tenui e trasparenti dello sfondo a quelli talvolta accesissimi dei primi piani, proponendo una singolare e magica coesistenza, attraverso un personale linguaggio post-impressionista. Callisto espone i sui lavori prevalentemente presso il suo studio di Barisciano; negli ultimi anni ha partecipato a varie mostre e concorsi, ricevendo sempre lusinghieri apprezzamenti.
Callisto Di Nardo nasce a Barisciano (AQ) nel 1958.Fin da bambino ha mostrato curiosità e spiccato interesse per il disegno, ma ha faticato non poco per scegliere la sua strada.
Dopo essersi diplomato presso l’Istituto Tecnico per Geometri, ha iniziato a coltivare da autodidatta la sua vera passione, la pittura, che per molti anni ha conciliato con altre esperienze lavorative.
Nei primi anni 80 conosce Sandro e Carla Conti ed inizia a frequentare la loro casa-studio. Nasce tra loro una profonda amicizia, consolidatasi nel tempo fino a diventare una sorta di sodalizio artistico. Forse la conoscenza di Conti che apprezza molto le qualità insite nel giovane Di Nardo, incoraggiandolo a proseguire sulla strada intrapresa, è per lui un ulteriore stimolo ad approfondire l’impegno quotidiano con la pittura. Da venti anni Callisto si dedica a tempo pieno allo studio e alla rappresentazione delle tematiche legate alla natura e alla civiltà della sua terra, dimostrando un legame forte con il proprio paese. La sua pittura, originariamente basata sul segno, elaborato in tracciati retti e curvilinei conviventi va gradualmente trasformandosi evidenziando la sua maturità artistica: il tratto diventa meno visibile, quasi mimetizzato nel colore, che varia dai timbri tenui e trasparenti dello sfondo a quelli talvolta accesissimi dei primi piani, proponendo una singolare e magica coesistenza, attraverso un personale linguaggio post-impressionista. Callisto espone i sui lavori prevalentemente presso il suo studio di Barisciano; negli ultimi anni ha partecipato a varie mostre e concorsi, ricevendo sempre lusinghieri apprezzamenti.
Sara Chiaranzelli. Continuiamo a sfuggire al Tempo che lentamente ci divora, sapendo bene che se lo guardassimo negli occhi troveremmo sicuramente la Morte nella consapevolezza della Paura. Quest’opera attualmente è un non finito, un’istantanea di un work in progess. E nata a Roma nel 1979, ma da sempre vive a L’Aquila, dove ha conseguito presso l’Accademia di Belle Arti il Diploma Quadriennale in Pittura e il Diploma Accademico di Secondo Livello in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo Specialistico in Pittura, diplomandosi definitivamente nel 2005 con il massimo dei voti. Oltre al lavoro di studio, ha aperto al pubblico dei laboratori artistici sull’approfondimento delle tecniche del disegno, della pittura a olio e della tecnica dell’acquerello. Dal 2012 ha iniziato a esporre in mostre collettive e personali.
“Medusa”, 2017
Sara Chiaranzelli. Continuiamo a sfuggire al Tempo che lentamente ci divora, sapendo bene che se lo guardassimo negli occhi troveremmo sicuramente la Morte nella consapevolezza della Paura. Quest’opera attualmente è un non finito, un’istantanea di un work in progess. E nata a Roma nel 1979, ma da sempre vive a L’Aquila, dove ha conseguito presso l’Accademia di Belle Arti il Diploma Quadriennale in Pittura e il Diploma Accademico di Secondo Livello in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo Specialistico in Pittura, diplomandosi definitivamente nel 2005 con il massimo dei voti. Oltre al lavoro di studio, ha aperto al pubblico dei laboratori artistici sull’approfondimento delle tecniche del disegno, della pittura a olio e della tecnica dell’acquerello. Dal 2012 ha iniziato a esporre in mostre collettive e personali.
Elio Torrieri è nato a Lanciano (CH) nel 1945. Vive e lavora a Castellamonte (TO). L’esordio avviene nel clima dell’arte “Analitica”, con una collettiva del 1970 da Franz Paludetto, e nel 1976 alla Galleria Marin di Torino. La sua prima personale è presso la Galleria “La Medusa”, Roma. Seguono collettive e personali alla Galleria La Bussola, Torino e alla Rinaldo Rotta, Genova. Viene incluso da Renzo Guasco tra i Segnalati Bolaffi 198 n.16. L’invito da parte di Franco Farina al Palazzo Massari III, segna un momento importante della sua attività creativa.
“Il terzo giorno”, 2014
Elio Torrieri è nato a Lanciano (CH) nel 1945. Vive e lavora a Castellamonte (TO). L’esordio avviene nel clima dell’arte “Analitica”, con una collettiva del 1970 da Franz Paludetto, e nel 1976 alla Galleria Marin di Torino. La sua prima personale è presso la Galleria “La Medusa”, Roma. Seguono collettive e personali alla Galleria La Bussola, Torino e alla Rinaldo Rotta, Genova. Viene incluso da Renzo Guasco tra i Segnalati Bolaffi 198 n.16. L’invito da parte di Franco Farina al Palazzo Massari III, segna un momento importante della sua attività creativa.
Gigino Falconi è nato a Giulianova (TE) nel 1933. Vive e lavora fra Montone (PG) e Roma. Artista impegnato sul versante figurativo, ha iniziato la sua ricerca sotto l’influsso dell’espressionismo e dei canoni formali, per poi pervenire a mi singolare chiarismo in virtù di una luce che riesce a purificare scene e personaggi. Ha partecipato ai Premi: Michetti; Vasto; Avezzano; Salvi, Sassoferrato (AN); Valle Roveto (AQ); Triennale d’Arte Sacra, Celano (AQ); Biennale d’Arte Sacra, Museo Stauros, San Gabriele dell’Addolorata (TE). Personali: Vittoriale, Gardone Riviera (BS); Palazzo Ducale, Venezia; Appiani Arte 32, Milano; Sala dei Mercatori, Ascoli Piceno.
“La notte della Fenice”, 2007
Gigino Falconi è nato a Giulianova (TE) nel 1933. Vive e lavora fra Montone (PG) e Roma. Artista impegnato sul versante figurativo, ha iniziato la sua ricerca sotto l’influsso dell’espressionismo e dei canoni formali, per poi pervenire a mi singolare chiarismo in virtù di una luce che riesce a purificare scene e personaggi. Ha partecipato ai Premi: Michetti; Vasto; Avezzano; Salvi, Sassoferrato (AN); Valle Roveto (AQ); Triennale d’Arte Sacra, Celano (AQ); Biennale d’Arte Sacra, Museo Stauros, San Gabriele dell’Addolorata (TE). Personali: Vittoriale, Gardone Riviera (BS); Palazzo Ducale, Venezia; Appiani Arte 32, Milano; Sala dei Mercatori, Ascoli Piceno.
Gaetano Memmo è nato a Chieti nel 1928. La sua prima personale risale al 1954, quando inizia a partecipare a rassegne di prestigio come i Premi Michetti di Francavilla al Mare, e i Premi Vasto, Avezzano, Penne, Valle Roveto, Sulmona. Grande disegnatore, Memmo è trai massimi esponenti della figurazione in Abruzzo. Espone a New York e a San Francisco. È presente con personali all’Expo Arte di Bari. Prestigiose personali gli sono state organizzate dalla Galleria Ghelfi di Verona e dalla Galleria Trifoglio di Chieti. Fra le grandi mostre antologiche, si ricordano quella che gli dedica la città di Vasto nella prestigiosa cornice di Palazzo d’Avalos e, in occasione del suo ottantesimo compleanno, quella patrocinata dalla Regione Abruzzo, dalla Provincia e dal Comune di Chieti, organizzata dalla Galleria Trifoglio. È presente al XLX Premio Vasto d’Arte Contemporanea, In corso d’opera. Itinerari abruzzesi. Espone al Palazzo degli Studi di Lanciano in occasione del Premio Sergio De Risio e tiene una importante mostra personale alla Galleria Trifoglio di Chieti. Fra gli ultimi progetti, una mostra itinerante tenuta a Shangai e successivamente destinata in Russia e nei Paesi Arabi. Gaetano Memmo muore a Vasto, a 86 anni, nel luglio 2014.
“Meditazione”, 2009
Gaetano Memmo è nato a Chieti nel 1928. La sua prima personale risale al 1954, quando inizia a partecipare a rassegne di prestigio come i Premi Michetti di Francavilla al Mare, e i Premi Vasto, Avezzano, Penne, Valle Roveto, Sulmona. Grande disegnatore, Memmo è trai massimi esponenti della figurazione in Abruzzo. Espone a New York e a San Francisco. È presente con personali all’Expo Arte di Bari. Prestigiose personali gli sono state organizzate dalla Galleria Ghelfi di Verona e dalla Galleria Trifoglio di Chieti. Fra le grandi mostre antologiche, si ricordano quella che gli dedica la città di Vasto nella prestigiosa cornice di Palazzo d’Avalos e, in occasione del suo ottantesimo compleanno, quella patrocinata dalla Regione Abruzzo, dalla Provincia e dal Comune di Chieti, organizzata dalla Galleria Trifoglio. È presente al XLX Premio Vasto d’Arte Contemporanea, In corso d’opera. Itinerari abruzzesi. Espone al Palazzo degli Studi di Lanciano in occasione del Premio Sergio De Risio e tiene una importante mostra personale alla Galleria Trifoglio di Chieti. Fra gli ultimi progetti, una mostra itinerante tenuta a Shangai e successivamente destinata in Russia e nei Paesi Arabi. Gaetano Memmo muore a Vasto, a 86 anni, nel luglio 2014.
Maria Micozzi è nata a Tolentino (MC) nelle Marche. Si dedica totalmente all’attività artistica dal 1985, fondendo una qualità pittorica esemplare fondata sulla grande tradizione del Rinascimento italiano, con la sperimentazione concettuale. Esposizioni: Expo di New York; La domanda e l’utopia, Galleria Castiglione Arte, Bologna; Il cerchio e le secanti, Miniaci Art Gallery, Milano; Metafore del Grano Saraceno – Geometrie, luoghi e riti, Palazzo Besta de’ Gatti, Teglio (SO); Don ‘t rape Lilith – Il nome e ilbranco , Archivi di Stato, Milano; L’ossessione della carne, Facoltà di Sociologia, Padova.
“La maschera”, 2009
Maria Micozzi è nata a Tolentino (MC) nelle Marche. Si dedica totalmente all’attività artistica dal 1985, fondendo una qualità pittorica esemplare fondata sulla grande tradizione del Rinascimento italiano, con la sperimentazione concettuale. Esposizioni: Expo di New York; La domanda e l’utopia, Galleria Castiglione Arte, Bologna; Il cerchio e le secanti, Miniaci Art Gallery, Milano; Metafore del Grano Saraceno – Geometrie, luoghi e riti, Palazzo Besta de’ Gatti, Teglio (SO); Don ‘t rape Lilith – Il nome e ilbranco , Archivi di Stato, Milano; L’ossessione della carne, Facoltà di Sociologia, Padova.